Nome in codice «jefe»: caccia al ras
dopo il sequestro di 205 chili di coca

Nome in codice «jefe»: caccia al ras dopo il sequestro di 205 chili di coca
di Mary Liguori
Sabato 20 Febbraio 2021, 07:44
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«CK», «Jefe» e «T3J», nomi in codice dei destinatari o sigle dei fornitori? È una delle domanda cui bisognerà trovare risposta nell’ambito dell’indagine che ha portato al sequestro di 205 chili di cocaina pura, intercettata su un tir telonato sull’area di servizio di San Nicola la Strada due pomeriggi fa. Il carico di bianca, suddiviso in tre parti, recava su ciascun panetto le sigle sulle quali la Mobile di Caserta diretta da Davide Corazzini, sta indagato sotto il coordinamento del sostituto procuratore Daniela Pannone dell’ufficio di Santa Maria Capua Vetere. «Jefe», dunque «capo», e Ck e T3f sono i narcos di Caivano e Secondigliano cui la droga era destinata o i fornitori sudamericani dalla quale la coca proviene prima di iniziare il suo viaggio a bordo di container che approdano nei porti dell’Europa settentrionale? È tutto da chiarire, l’indagine è in corso e verte su diverse certezze. In primis, il tir era destinato al mercato campano, su questo sembrano esserci pochissimi dubbi, e gli uomini della Narcotici coordinati da Michele Pota lo hanno intercettato non appena passato lo svincolo di Cassino.

Ecco come i trafficanti avevano nascosto 205 chili di cocaina in un Tir a Caserta
 
Diverse le pattuglie che hanno puntellato il percorso autostradale campano e seguito il viaggio del mezzo una volta lasciato il Lazio, in attesa del momento più propizio per intervenire. Occasione che è arrivata quando l’autista ha deviato per una sosta sull’area di servizio di San Nicola la Strada Ovest. A quel punto, è scattato il blitz, al quale ha partecipato anche il cane antidroga Delios, delle unità cinofile della guardia di finanza di Aversa. Gli agenti hanno immobilizzato l’autista, uno slovacco incensurato di 52 anni dipendente di una società di trasporti, mentre il labrador nero fiutava, sotto le pesanti pedane contenenti gommini di plastica, la cocaina. È arrivata quindi la conferma alle ipotesi che gli inquirenti avevano già come certezze visto che, naturalmente, il mezzo non è stato fermato per caso, ma seguito sin dal momento in cui ha varcato i confini italiani. Il tir è stato quindi dirottato nell’area del comando provinciale di Caserta dei vigili del fuoco dove, con l’aiuto di un muletto, le pedane di materiale plastico destinate a un’azienda campana sono state scaricate e il doppiofondo del tir scoperchiato. Nei vani sotto il pianale, probabilmente utilizzati già in passato per trasporti dello stesso tipo, erano stipati i panetti di droga, imballati nel cellophane e suddivisi in tre porzioni, forse tanti quanti erano i destinatari dello stupefacente il cui valore all’ingrosso sfiora i sette milioni di euro e che, al minuto, dopo il taglio, avrebbe fruttato oltre il doppio. 
 
«Sapevo che nel camion c’era qualcosa di illecito, ma non sapevo cosa»: sono state le poche parole che T.Z., l’autista slovacco fermato per traffico di stupefacenti, ha proferito prima di essere trasferito in carcere, a Santa Maria Capua Vetere.

Entro martedì il gip lo interrogherà per l’udienza di convalida, ovviamente con il supporto di un interprete. Intanto, la competenza giudiziaria potrebbe a breve passare dalla Procura diretta da Maria Antonietta Troncone, alla Dda di Napoli. Nessun dubbio sul fatto che ad aspettare la cocaina fossero i signori della droga che gestiscono i principali mercati napoletani, Caivano e Secondigliano in primis, e quindi che ci sia il coinvolgimento dei clan. Pochi dubbi, poi, anche sul «contributo» che gli inquirenti si aspettano dall’autista. Difficile, se non impossibile, che accetterà di collaborare con le autorità italiane e riferire dove avrebbe dovuto consegnare la droga. Le indagini, a ogni modo, proseguono e nei prossimi giorni potrebbero esserci delle novità.  

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