Broccoli, finocchi e erba medica: raccolti portati al macero perché contaminati o venuti a contato con liquami fognari. C'è il primo effetto dell'ordinanza sindacale che vieta la «coltivazione (semina e raccolta) nonché commercializzazione dei prodotti agricoli nelle aree invase delle esondazioni fognarie dell'ex-Casmez» lungo l'ex provinciale Nola-Caserta.
È il primo danno contabilizzato dalle aziende agricole inserite nella «planimetria dei terreni che sono potenzialmente bersaglio delle ondate di piena». Rimossa la verdura, restano gli acquitrini, le sabbie maleodoranti e soprattutto si registra l'arrivo massiccio di gabbiani e di una variegata avifauna sempre più a suo agio in zone umide. «Grazie ad una condotta fognaria interprovinciale inadeguata e sottodimensionata - documenta Fabrizio Crisci (presidente del Comitato Abc sottoscritto di numeri esposti in Procura) - si è trasformata una delle zone più fertili della provincia nell'habitat naturale di uccelli capaci di alimentarsi in un terreno dove abbonda la decomposizione di materiale organico».
I divieti non fremano la contestazione dei residenti, degli agricoltori e delle aziende agricole: «L'emergenza sanitaria non finisce mai: vietando i raccolti si cancellano gli effetti del disastro ambientale ma non si rimuovo le cause».
È passata la linea delle prevenzione attiva voluta dalle autorità sanitarie territoriali: in assenza di dati vincolanti sulla natura e il grado di contaminazione dei terreni e dei prodotti agricoli, si ricorre all'azzeramento dei rischi, quindi al divieto preventivo, all'obbligo per i produttori di ritirare i prodotti nelle aree a rischio e, in caso, di esondazione, certificare la salubrità degli stessi. Non sono esclusi possibili controlli a sorpresa o a campione degli operatori della vigilanza sanitaria.