Il Pd casertano nel caos, un giudice blocca il voto di domani. Ventidue sindaci contro Boccia

Bloccato il voto domani per il Pd casertano
Bloccato il voto domani per il Pd casertano
di Luisa Conte
Sabato 18 Febbraio 2023, 08:56
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Alla fine ci è voluto un giudice per bloccare tutto. La guerra nel Partito democratico di Caserta finisce a carte bollate, come preannunciato dagli iscritti esclusi dall'anagrafe certificata per il congresso. E ieri in serata è arrivata la doccia fredda. La sezione civile del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con ordinanza presidenziale, ha deciso di sospendere le operazioni di voto congressuale di domenica 19 febbraio a Caserta. Lo stop è arrivato proprio mentre la commissione provinciale (ignara di quanto stava accadendo) si preparava ad approvare i seggi con una riunione fissata per le 21.30 - e una parte del partito (quella che era già al corrente del provvedimento) si riuniva in un circolo per "festeggiare la vittoria".


Sono stati circa 200 gli esclusi che hanno presentato un ricorso urgente e che adesso esprimono soddisfazione per una decisione che «rappresenta solo il primo passo verso il riconoscimento del legittimo diritto degli iscritti al Pd di Terra di Lavoro», si legge in una nota. Adesso si attende la trattazione del merito prevista per la prossima settimana, ma nel frattempo domani i seggi in Terra di Lavoro non saranno aperti.


L'azione giudiziaria è stata intrapresa dopo che la commissione nazionale ha "tagliato" circa 3000 tessere, tra queste anche quelle di molti esponenti storici dei Dem. «L'azione giudiziaria promossa è stata un atto sofferto ma dovuto alla dignità di tutte le compagne e compagni democratiche e democratici avviliti dai comportamenti fin qui escludenti per una legittima partecipazione alla fase congressuale», spiegano i ricorrenti.

La giornata di ieri è stata infuocata sul fronte Pd. Una serie di accuse e repliche che non hanno certo contribuito a rasserenare gli animi. Si è partiti dal botta e risposta tra Francesco Boccia e Gennaro Oliviero, con il primo che parla di «signori delle tessere», con chiaro riferimento al presidente del consiglio regionale, e il secondo che ricorda che di Boccia era stata chiesta la rimozione da commissario per i danni prodotti in Regione Campania.

Ma, intanto, a gettare benzina sul fuoco sono stati ventidue sindaci, sostenitori della mozione Bonaccini, che ieri hanno inviato una missiva ai quadri nazionali del Pd dove lamentano un atteggiamento irriguardoso verso gli iscritti e le istituzioni casertane da parte del senatore Boccia.

Nella lettera gli amministratori firmatari «stigmatizzano l'atteggiamento di Boccia, solidarizzando con il presidente Oliviero. La necessità di recuperare qualche consenso congressuale - scrivono - sta portando l'ex commissario regionale del Pd ad offendere una intera comunità democratica non facendosi più scrupolo di aggredire e minacciare persone ed istituzioni».


A firmare il documento sono stati i sindaci Stefano Cioffi (Macerata Campania), Pasquale Orsi (Letino), Vittorio Civitillo, (Piedimonte Matese), Lorenzo Di Iorio (Sessa Aurunca), Stefano Cambio (Fontegreca), Antonio Conca (Marzano Appio), Michele Caporaso (Sant'Angelo d'Alife), Alfonso Izzo (Pontelatone) Antonio D'Avino (Castel di Sasso), Valerio Di Fraia (Villa Literno), Pasquale Di Fruscio (Pietramelara), Maria Luisa Di Tommaso (Alife) Rocco Landi (Valle Agricola), Rocco Marcaccio (Capriati al Volturno), Ermanno Masiello (Raviscanina), Giuseppe Oliviero (Portico di Caserta) Enrico Petrella (Grazzanise), Enzo Russo (Pastorano), Raffaele Russo (Vitulazio), David Lucio Simone (Conca della Campania), Antonio Vacca (San Pietro Infine), Antonio Zona, (Giano Vetusto) e i consiglieri Salvatore Lettera (Sant'Arpino) e Ciro Marcigliano ( Sessa Aurunca).

Ma nuove accuse a Oliviero sono arrivate anche da Giovanni Comunale, consigliere comunale di Caserta, componente della commissione provinciale in quota Schlein e uno dei pochi riammessi nell'anagrafe dopo aver vinto il ricorso. «Oliviero sta trasformando il Pd in un'aula di tribunale piuttosto che una piattaforma politica e democratica dove ci si confronta sui temi. Sembra di vivere l'atmosfera surreale del "ring", dove incalza Comunale - sicuramente lui si trova a suo agio, non certamente tanti militanti che vorrebbero confrontarsi sulle gravi problematiche che riguardano la provincia di Caserta, a partire dal tema del lavoro». Dito puntato contro il presidente del consiglio regionale campano anche da parte di Marco Furfaro, deputato Pd e portavoce nazionale della mozione Schlein, che sullo scontro tra Oliviero e Boccia conclude con un «Mi spiace - dice - che Bonaccini e Picierno non abbiano niente da dire».

E non finisce qui, perché c'è un altro atto d'accusa molto grave contro Boccia. È Veronica Felaco a lanciarlo con una lettera in cui spiega: «Sono iscritta al Pd da dieci anni, sono stata cancellata dall'anagrafe degli iscritti senza motivazione o forse perché sono la nipote del presidente Oliviero? Insieme a me incalza - avete cancellato dall'anagrafe tutta la mia famiglia, mio marito, mio padre, i miei suoceri, i miei amici iscritti storici al Pd. E pur avendo fatto ricorso in autotutela alla commissione non ci avete riammessi».


E oltre al verdetto della magistratura di ieri, un altro ricorso è stato presentato ma alle commissioni nazionale, regionale e provinciale «per veder ristabilita l'agibilità democratica anche in provincia di Caserta». Camilla Sgambato, referente di Cuperlo sul territorio, ha infatti ritenuto non corretto il lavoro della commissione provinciale in merito al rigetto di tutti i ricorsi presentati e ha chiesto riscontri. «Al presidente Gatto sono giunte circa 300 richieste di reinserimento, dopo attenta e scrupolosa analisi dei garanti territoriali, come era stato stabilito precedentemente dalla commissione e come indicato dalla commissione nazionale per consentire a sinceri e autentici militanti di partecipare al congresso».

A cercare di fare chiarezza ci aveva provato il coordinatore dell'organismo provinciale Francesco Gatto: «Ci siamo trovati, nostro malgrado, ad assumere orientamenti contrastanti con le nostre stesse opinioni, unicamente per senso di responsabilità e per liberare il contesto da tensioni e polemiche pubbliche entro il quale si sarebbe svolto il congresso laddove non si fossero prese decisioni ferme, al limite dell'irragionevolezza». Un tentativo di salvare il voto di domani, che purtroppo non ha sortito gli effetti sperati.
 

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