Violenze in carcere, il teste: «Mio fratello abusato con un manganello»

Violenze in carcere, il teste: «Mio fratello abusato con un manganello»

Gli abusi in carcere
Gli abusi in carcere
di Biagio Salvati
Sabato 2 Marzo 2024, 15:58 - Ultimo agg. 4 Marzo, 18:45
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Udienza choc al maxi-processo di Corte di Assise per le violenze commesse ai danni dei detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020, che vede 105 imputati tra poliziotti penitenziari, funzionari del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap) e medici dell'Asl di Caserta. Un detenuto sul banco dei testimoni, all’epoca recluso nel carcere sammaritano, accenna a una violenza subìta dal fratello che si trovava detenuto e poi, sollecitato dall’accusa, spiega con termini esatti e in maniera cruda i dettagli della violenza. Il detenuto ha parlato del fratello, sofferente e con qualche problema di carattere psichiatrico. Alla domanda del pm Daniela Pannone, il testimone ha spiega che al fratello «gli hanno messo il manganello vicino al sedere». Il pubblico ministero allora chiede: «Lo hanno ispezionato con il manganello?». Il teste accenna con un gesto ma a seguito di un intervento di uno dei difensori - che contestava la differenza tra quanto dichiarato il detenuto e il termine introdotto dal pm - a spingere sia la Corte che l’accusa a chiedere a teste di riferire l’accaduto. A questo punto il teste risponde con grande imbarazzo: «Insomma gli hanno messo il manganello nel … ci sono prove e referti ed ha avuto escoriazioni. Se volete che dica così lo dico, io mi vergogno a dirlo, a me tutto ciò mi fa venire solo rabbia ho visto i segni, gli faceva male tutto. Io chiedevo di stare assieme a mio fratello perché aveva problemi e solo io sapevo come gestirlo quando aveva attacchi epilettici». L'uomo è tra i 14 detenuti che il 6 aprile, dopo i pestaggi, furono posti in isolamento perché ritenuti i promotori della protesta del giorno prima, che secondo i vertici campani del Dap aveva provocato la perquisizione del 6 aprile poi divenuta «mattanza» per il gip. Nei loro confronti gli agenti presentarono anche una denuncia poi archiviata. Il testimone ha confermato in larga parte i pestaggi subiti dagli agenti, episodi che vedono sotto accusa per una trentina di divise oltre due comandanti. In particolare, come pubblici ufficiali sono accusati di aver preparato una relazione per nascondere fatti di percosse e lesioni inflitte a detenuti durante una perquisizione. L’udienza ha subìto anche una sospensione per le contestazioni di alcuni difensori circa le modalità dell’esame dell’accusa e le modalità delle domande poste, schermaglie che si ripetono spesso a volte anche con molta «verve», tant’è che a un certo punto, il pubblico ministero si è rivolto al presidente Roberto Donatiello chiedendo di intervenire sottolineando la correttezza della Procura sia sulle indagini che su dibattimento. Prima della sospensione, alcuni difensori avevano contestato le modalità del cosiddetto «ravvisamento», ovvero l'identificazione degli autori dei pestaggi senza utilizzare il ricordo vivo sottolineando, la difesa, che « in questa sede non c’è alcun riconoscimento, stiamo dando delle risposte preventive al teste prima che risponde, fornendo indicazioni».

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