Dante & Descartes, Raimondo Di Maio libraio editore: «Ricordo ancora il mio primo cliente»

Con Dante & Descartes festeggia i quarant’anni di attività e pubblica un volume sulla sua avventura

Raimondo e Giancarlo Di Maio
Raimondo e Giancarlo Di Maio
di Ugo Cundari
Giovedì 4 Aprile 2024, 07:00 - Ultimo agg. 5 Aprile, 07:43
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Ricorda ancora il primo libro venduto, e soprattutto il nome del primo cliente, anche se lui odia questo termine: Raimondo Di Maio, 66 anni, storico libraio editore napoletano, che in questi giorni festeggia quaranta anni dall’apertura della sua prima libreria, in via Donnalbina. E ovviamente lo fa pubblicando un libro, Dante & Descartes. Raimondo e Giancarlo Di Maio quarant'anni di libri perduti e ritrovati, di testimonianze, tra cui quelle di Agamben, Fofi, Erri De Luca, Giuseppe Montesano, assidui frequentatori della libreria, e tanti altri. L’ennesimo atto di coraggio in un tempo in cui legge sempre di meno e si pubblicano sempre più libri inutili, non necessari.

Da allora di strada ne ha fatta, Di Maio. 
«Fisicamente e non solo.

Ho cambiato quattro volte la sede, spostandomi dopo Donnalbina in via Mezzocannone tra i numeri 75, 55 e adesso al 63. E ovviamente ho intrapreso un percorso anche personale, di crescita mia. Adesso sono più consapevole dell’importanza del mio lavoro. Fare il librario e l’editore impone doveri civici di grande impegno e responsabilità».

Perché scelse di fare il libraio? 
«Ero stato licenziato come agente Einaudi e volevo rimanere nel mondo dei libri. Fu una scelta avventurosa ma naturale».

Quale è stato il primo libro venduto? 
«È più importante la prima persona entrata in libreria, spinta più che dalla voglia di comprare da quella di confrontarsi con un libraio. Era un giovane promettente studente universitario, scomparso prematuramente. Si chiamava Enzo Accardo. Ci sedemmo, prendemmo il caffè e iniziammo a parlare di politica, ovviamente di comunismo. Io devo tanto alla sezione del Pci frequentata da ragazzo che mi spinse ad abbandonare i miei primi lavori, in una fabbrica di scatole e come garzone di bar».

Acampora comprò qualcosa? 
«Aspetti, per me è importante capire le persone e proporgli il libro giusto. Il libraio non è un venditore e basta. Il libraio ha il dovere di vendere il libro giusto alla persona giusta. Pensi che danni può fare un libraio che vende il titolo sbagliato. Quel lettore lo può perdere, o peggio quel lettore dopo la delusione si convincerà che i libri non offrono le risposte giuste o non offrono un punto di vista alternativo e non li comprerà più da nessuno. Dopo aver chiacchierato a lungo, Enzo comprò alcuni volumi sulla storia del partito comunista di Paolo Spriano».

In questi quaranta anni quali sono state la più grande soddisfazione e la più grande delusione? 
«Tutti i libri che deciso di pubblicare investendo di mio mi hanno regalato una gioia, non foss’altro perché sono nati, sono venuti al mondo e spesso dopo un lungo travaglio. Tra i più venduti ne scelgo tre, la raccolta poetica del premio Nobel, prima che lo diventasse, Louise Glück, Napòlide di Erri De Luca e Napoli porosa di Benjamin. A quest’ultimo testo ho lavorato per oltre trenta anni, poi è uscito per un incrocio di destini». 

Ossia? 
«Dopo averlo recuperato in Germania e tradotto mi mancava un ultimo tassello, qualcuno che lo curasse. Elenio Cecchini si presentò un giorno nella mia libreria per parlare di Benjamin. Non ci conoscevamo, entrò per caso e gli affidai il compito. Oltre diecimila copie vendute. Ancora di più ha venduto il libro di De Luca, cinquantamila copie».

La delusione? 
«Giochi di spiaggia dello scrittore e drammaturgo francese Régis Jauffret. Un testo folle, anarchico, sanguigno, il primo suo tradotto in italiano. Ha venduto qualche decina di copie delle migliaia stampate, meritava di più».

Come vede il futuro? 
«Quando starò nel paradiso dei librai editori, in compagnia di Pironti, ci sarà mio figlio a continuare la tradizione della Dante & Descartes, ne sono orgoglioso». 

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