Salvatore Di Giacomo «torbido»: il feuilleton ritrovato

A novant’anni dalla sua scomparsa, ripubblicato un romanzo d’appendice del sommo poeta napoletano

Salvatore Di Giacomo
Salvatore Di Giacomo
di Ugo Cundari
Mercoledì 3 Aprile 2024, 13:00
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A 90 anni dalla sua scomparsa, che cadranno dopodomani, e nella dimenticanza generale dei suoi scritti, tranne rare eccezioni, in questi giorni è stato edito per la prima volta non in antologia uno dei racconti più fantastici di Salvatore Di Giacomo, Torbidi ad Erlangen (Mea, pagine 96, euro 12) uscito a puntate sul quotidiano «Cronaca Rosa» tra il 1883 e il 1884. 

In una modesta, pacifica e bacchettona cittadina sulle rive del Reno, dove si vorrebbero punire per immoralità chi dà un casto bacio in pubblico alla sua fidanzata ufficiale e chi disegna un cuore trafitto da una freccia sulla porta della propria bottega, la vita sta per essere scombussolata da una serie di eventi inspiegabili.

Terremoto, rivoluzione, inondazione? Peggio. 

All’antivigilia del Natale del 1821 uno degli uomini più potenti è stato schiaffeggiato sull’uscio di casa da un pazzo, o forse era un fantasma, che subito si è dileguato, e poco dopo in paese è sbarcata «una truppa di saltimbanchi con quattro cavalli, un orso, sei scimmie e un serpente boa». Le donne al seguito dei circensi sono «delle impudiche che vestono di veli e hanno nude le gambe e scoverto mezzo petto! Fa freddo ma loro hanno il diavolo in corpo che le riscalda». 

Per legge nessuno può cacciare via il circo e allora, per risolvere la situazione, non c’è che da chiamare in causa il borgomastro, al cui giudizio si rimette la gente quando vuole trovare una soluzione a un qualsiasi problema. Molte sono le ragazze che si rivolgono a lui per avere un consiglio sulle faccende d’amore, uscendone dopo il consulto «tutte commosse, con le guance rubiconde e il sorriso sulle labbra», anche se qualcuna ha giurato, non creduta, che qualche volta il borgomastro ha voluto «a forza mettere un bacio fra le persuasioni». E quando il borgomastro incontra quelli del circo è pronto a usare tutta la sua arte oratoria per convincerli ad andare via. Non ha messo in conto che a riceverlo, dopo un rapido saluto del direttore ventriloquo e uomo-pulce, ci sarà una lolita di 16 anni, occhi e capelli bruni, che va a cavallo e gioca con bicchieri, coltelli e bottiglie camminando in equilibrio su un sottile filo di metallo sospeso in aria a dieci metri dal terreno.

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È bella, sfrontata e audace, e lui in pochi minuti cade ai suoi piedi. A questo punto il battilocchio che la ragazzina si è rigirato come vuole, deve scegliere se tornare a casa dalla moglie e dimenticare quella visione angelica facendo di tutto per allontanare il circo o se, per la prima volta, non risolvere la questione e quella sera assistere all’esibizione per poi fuggire con la saltimbanca e vivere d’amore.

Il finale non si può svelare, quello che si può anticipare è che durante le poche ore che gli rimangono, prima di mettere in atto la sua decisione, il borgomastro vive esperienze anomale, fa sogni e incubi realistici, mentre nella realtà gli pare di avere a che fare con ombre di esseri viventi e ad Erlangen sta per scoppiare una rivolta degli abitanti contro gli immorali circensi. 

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