Dostoevskij, il bell'idiota e il primato dei classici

La nuova edizione del capolavoro dello scrittore russo

Dostoevskij
Dostoevskij
di Giuseppe Montesano
Giovedì 21 Marzo 2024, 09:02
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Da qualche anno nel mondo dei libri c'è un sorprendente fenomeno. Gli editori importanti fanno fare nuove traduzioni di «classici» e le mandano sul mercato, ma la cosa è sorprendente perché non è fatta solo da editori di tascabili, come nel caso della sempreverde Bur o dei nuovi classici Bompiani o della nuova Feltrinelli o degli Oscar Mondadori che sono oggi all'avanguardia, ma è fatta anche da collane prestigiose e non economiche come i Supercoralli Einaudi: e poiché tutti vanno avanti su questa strada, vuol dire che questi classici vendono.

Vendono cioè libri di letteratura alta o altissima, Virginia Woolf e Scott Fitzgerald ma persino uno scrittore difficile come Faulkner da Adelphi, e compaiono nuove traduzioni di libri lunghissimi come Guerra e pace e I fratelli Karamazov nei Supercoralli.

Vuol forse dire che i lettori veri si rifugiano nei classici pur di non leggere libri deludenti proposti dagli stessi editori che ripropongono i classici? O si tratta di un segnale del fallimento della letteratura fasulla contemporanea, italiana o straniera, dovuto anche al rifiuto terrorizzato, sempre degli stessi editori, verso libri considerati «troppo» letterari?

Che assurdo! I romanzi sono letteratura da sempre ma oggi la letteratura è guardata con sospetto e orrore da editori e mediatici: se la black comedy di qualità non fosse pressoché ignota al cinema italiano, e il pubblico non fosse considerato da produttori e mediatici un ammasso di analfabeti, l'odio per la letteratura «alta» potrebbe essere forse anche da noi soggetto di un film come «American fiction» premiato agli Oscar: ma lasciamo perdere i sogni e prendiamoci il meglio dalla situazione. E il meglio è che è appena uscito in una nuova traduzione L'idiota di Dostoevskij per Neri Pozza: con una traduzione e una breve postfazione, entrambe innovative, di Serena Prina, che ha già tradotto per Neri Pozza I demoni, Memorie dal sottosuolo e Il sosia.
Il desiderio di Dostoesvskij scrivendo L'idiota era quello di mettere in scena un personaggio che fosse un «uomo buono», che somigliasse a un Cristo senza poteri sovrannaturali e che si incontrasse e scontrasse con il mondo attorno a lui. Tutto già noto? Sì e no, perché Serena Prina ha deciso di tradurre l'espressione finora tradotta come uomo buono o sublime o simili con «uomo bello» e «bellissimo», mantenendosi in ciò stretta all'originale russo ma così sovvertendo una visione polverosa del romanzo di Dostoevskij, e aprendo a lettori vecchi e nuovi una porta unica.

L'inequivocabile espressione di «bello» in Dostoevskij non può che riportare all'unione di «bello e buono» come inseparabili presso i Greci, e a una ascendenza platonica e non solo cristiana: e allo stesso tempo a riportare Dostoevskij a capofitto nell'epoca della cosiddetta «decadenza», nel Romanticismo estremista e ribelle da lui adorato nei Masnadieri di Schiller, affiancandolo come aveva fatto il veggente Nietzsche al mondo-Baudelaire e al mondo-Wilde, e portandolo fin dentro la modernità dei Thomas Mann, dei Robert Musil, dei Franz Kafka.

Ma allora la bellezza del principe Myskin sarebbe segno del suo essere troppo esteta per essere buono? O della sola via di uscita dalla trappola della modernità che starebbe nell'unire il buono e il bello? O della catastrofe a cui porta la pretesa di unire il buono e il bello nella decadenza della modernità? La Prina ci ricorda che nelle pagine grandiose dell'Idiota la bellezza di Myskin simile a Cristo si lega alla famosa espressione che «la bellezza salverà il mondo», frase che così assume un significato molto più potente e ambiguo e dialettico. Ed è sempre la traduttrice che, finalmente spogliando da cincischiamenti buonistici e autobiografici questo romanzo immenso, dice che tutto il libro dimostra invece che nell'Idiota la bellezza non salverà il mondo, e noi pensiamo: forse perché il mondo è ormai al di là di una salvezza possibile con mezzi di altre epoche, che siano il bello e il bene dei Greci o il bello e il bene di Cristo?

E L'idiota si accende febbrile in una lotta senza tregua tra passioni scatenate e divoranti, in una conflittualità perpetua dove il denaro è sempre al centro, in una smania di imitazione narcisistica che fa della rivalità con il prossimo una tortura per sé stessi: e per poter raccontare questa combustione, Dostoevskij inventa strumenti letterari mai visti prima, e che oggi più che mai ci appaiono straordinari. Be', per fortuna non c'è solo la letteratura fasulla che immagina il lettore come un analfabeta emotivo e mentale: possiamo sempre riscoprire L'idiota.

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