Eduardo Galeano racconta Maradona: «Chiuso per calcio»

Esce la raccolta di inediti e articoli recuperati da vecchie collaborazioni giornalistiche per piccole o grandi testate internazionali

Eduardo Galeano
Eduardo Galeano
di Ugo Cundari
Mercoledì 22 Febbraio 2023, 15:00
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Quando Eduardo Galeano morì, nel 2015, Diego Armando Maradona scrisse: «Grazie per aver combattuto come un 5 in mezzo al campo e per aver segnato gol ai potenti come un 10». Una ventina di anni prima Galeano, scrittore militante, schierato dalla parte degli ultimi e calciofilo dichiarato, era riuscito a condensare in quattro parole la parabola infelice del Pibe dopo l'esame antidoping ai Mondiali Usa 1994 con: «Giocò, vinse, pisciò, perse».

Dell'autore di opere a metà tra romanzi, saggi e inchieste come l'epocale Le vene aperte dell'America latina e Splendori e miserie del gioco del calcio escono oggi alcuni suoi scritti, tra cui molti inediti e articoli recuperati da vecchie collaborazioni giornalistiche per piccole o grandi testate internazionali, raccolti in Chiuso per calcio (Sur, 330 pagine, euro 19, traduzione di Fabrizio Gabrielli).

Il titolo riprende il messaggio che si leggeva fuori dalla sua porta di casa quando cominciava un Mondiale e Galeano si preparava alla reclusione di un mese per seguire - o meglio «controllare» diceva il suo amico Joan Manuel Serrat, leggenda della canzone d'autore (catalana e castigliana) - tutte le partite. Protagonista delle pagine è, oltre Pelé, Muhammad Alì, Che Guevara, soprattutto Maradona, le cui tracce miracolose l'autore immagina si siano manifestate già prima di uscire dalla pancia della madre, la santa (perché solo una santa può partorire un santo) donna Tota. «Quando lei arrivò in ospedale, nel barrio di Lanús, con un bimbo in grembo, sulla soglia trovò una stella, sotto forma di spilla, gettata a terra. La stella brillava da un lato, e dall'altro no. È quel che succede con le stelle, quando cadono sulla terra, e sulla terra si crogiolano: da un lato sono d'argento, e brillano evocando tutte le notti del mondo, e dall'altro lato sono soltanto di latta. Quella stella d'argento e di latta, stretta in un pugno, accompagnò donna Tota durante il parto». Maradona fu una grande natura, e in quanto tale, come diceva Platone, «ha prodotto grandi virtù e grandi vizi». Fu «idolo generoso e solidale» sempre pronto a denunciare il marcio del calcio, l'arroganza dei potenti, gli affari loschi dei padroni di società e federazioni sempre più ricchi e avidi. Fu «dio sporco e peccatore», la più umana delle divinità. Mise a segno, nei quarti di finale al mondiale di Messico 86 con l'Inghilterra, «il gol del truffatore». Durante la sua carriera calcistica, e con un crescendo dopo il ritiro, fu sempre più «un re nudo, sintesi ambulante delle fragilità umane, o perlomeno maschili: donnaiolo, ingordo, ubriacone, imbroglione, bugiardo, spaccone, irresponsabile». 

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Galeano rimpiange di non essere stato a Napoli quando Diego vinse nel 1988-89 il secondo scudetto, e in città si vendevano «immagini della divinità in pantaloncini, illuminata dall'aureola della Vergine o avvolta nel manto sacro del santo che sanguina, e si vendevano pure bottigliette con le lacrime di Berlusconi», allora presidente del Milan che arrivò secondo in campionato. Se a Napoli, città di adozione del Pibe de oro, San Gennaro si è trasformato in San Gennarmando, Maradona si è trasformato in Maracoca, e il processo che lo ha condannato «è stato il più rapido di tutta la storia giudiziaria di Napoli». Il Diego calciatore giocava meglio di tutti gli altri «non grazie alla cocaina, ma nonostante la cocaina. Si dopava alle feste tristi, per dimenticare o essere dimenticato, quando era già intrappolato dalla gloria e non poteva vivere senza la fama che non lo lasciava vivere».

Perché la colpa di Maradona, se ne ha avuta una, è stata per Galeano quella di sentirsi ogni giorno in dovere di fare il Maradona: ha sempre avuto problemi con la colonna vertebrale, fin da quando ha iniziato giovanissimo a giocare, «credo che sia stato il corpo a comportarsi metaforicamente. Vale a dire: gli scricchiolava la schiena perché si portava dietro un personaggio chiamato Maradona». 

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