Più di tante ricerche antropologiche e sociologiche, valgono i movimenti della classifica dei libri più venduti per capire come sia spaccato il paese. Da una parte gli estimatori del libro del generale Vannacci, pronti a mandare all'inferno i «diversi». Dall'altra le sognatrici dell'amore eterno e dei baci sotto la pioggia. Gli odiatori e le amatrici. L'Italia incazzata nera, incazzata e nera, che si ritrova nel generale, e l'Italia rosa e tenera rappresentata, nella narrativa, dall'architetta modenese, 35 anni, Serena Artioli, in arte Felicia Kingsley, che con Una ragazza d'altri tempi (Newton & Compton, pagine 512, euro 9,90; si presenta il 27 settembre alle 17 alla Giunti di via Argine), 24.000 copie vendute nella prima settimana, è riuscita a prendersi la vetta dei libri più venduti, facendo scivolare Vannacci al secondo posto.
Kingsley, con lei torna a primeggiare l'Italia migliore?
«Ci sono molti più lettori di quelli che hanno comprato il libro di Vannacci.
Come?
«Con l'assenza più forte della presenza. Quando in vetrina esponi la copertina di un libro e vicino ci piazzi il cartello “Qui non vendiamo Il mondo al contrario di Vannacci” gli fai una pubblicità enorme, e gratuita. Non mi si fraintenda, capisco e condivido la posizione dei librai, ma così hanno fatto il gioco del libro».
Certo il titolo del suo romanzo è un po' vannacciano, sembra rimpiangere i tempi in cui le donne erano più sottomesse.
«Ma no, la mia ragazza d'altri tempi non è una sciocchina piegata ai modelli patriarcali, anzi, soffre per la condizione della donna nell'800. Nel romanzo metto in evidenza un sentire totalmente antivannacciano».
Ci riassume la trama?
«Una brillante egittologa, appassionata di romance, si ritrova sbalzata nella Londra del 1816 dove diventa la più corteggiata e si ritrova a indagare sulle trame losche dell'aristocrazia facendosi aiutare da un corsaro dal fascino oscuro e dalla reputazione scandalosa. L'amore, ovvio, trionferà».
Come è nata l'idea?
«All'inizio ho pensato a un romanzo tutto ambientato nell'800 ma poi non mi sono ritrovata la voce giusta e così ho scelto la contemporaneità e ho inserito un viaggio nel tempo».
Elemento rischioso rispetto al suo stile?
«Ogni tanto bisogna pure rischiare, altrimenti dopo dieci romanzi corro il pericolo di ripetermi, di auto plagiarmi. E poi sorprendo, ma fino a un certo punto. Il romanzo è una storia d'amore in cui si intreccia la trama mistery con un piccolo elemento paranormal».
Dopo aver venduto quasi due milioni di copie in Italia e all'estero continua a lavorare come architetta?
«Certo, sono sempre iscritta all'albo e collaboro con molti studi. Scrivere e progettare si assomigliano molto, almeno per le tecniche che uso io».
In cosa?
«Come un progetto prevede masterplan, progetto definitivo e poi l'esecutivo che viene mandato in cantiere, per un romanzo si parte dall'idea generale, si passa a una sinossi dettagliata con i passaggi fondamentali della storia dall'inizio alla fine, poi c'è la stesura in prima bozza, la riscrittura e le fasi di lavorazione con editor e correttore di bozze. Ogni passaggio è uno scatto in avanti come nei progetti architettonici».
Vuole chiedere ai librai di esporre il cartello «Qui non si vendono i libri della Kingsley»?
«Sarei curiosa delle reazioni ma dico di no. Ho un grande rapporto di stima e fiducia con tantissimi librai e so che molti di loro suggeriranno il mio titolo spontaneamente ai lettori. Insomma, niente mezzucci, non ne ho bisogno, io».