La scoperta della lingua di Dio: così Newton intrappolò l'infinito

La scoperta della lingua di Dio: così Newton intrappolò l'infinito
di Cristian Fuschetto
Domenica 7 Marzo 2021, 12:00
9 Minuti di Lettura

Secondo David Weinberger il successo del machine learning e di tutti sistemi di calcolo capaci di unire e dare un senso a quantità mostruose di dati, è direttamente proporzionale ai livelli di approssimazione del nostro cervello, come a dire che il mondo che ci rappresentiamo, quello lineare in cui a cause corrispondono effetti, è solo una finzione di comodo dietro la quale agisce il caos. A rendere il quadro ancora più ansiogeno possiamo anche aggiungere il dettaglio secondo cui la realtà non solo è complessa ma è pure svanita.

24 OTTOBRE 1927, QUANDO SVANÌ LA REALTÀ
Per la precisone la realtà ha smesso di esistere il 24 ottobre del 1927. Quel giorno a Bruxelles, in occasione del V Congresso Solvay, il gotha della fisica mondiale prende atto dalle voci di Niel Bohr e Werner Heisenberg che una stessa entità non solo può essere descritta come un’onda o come una particella, ma che è contemporaneamente sia un’onda sia una particella. Se una cosa può essere contemporaneamente anche il suo opposto svanisce l’ontologia delle cose e tutto è permesso. Erwin Schrödinger, presente anch’egli a Bruxelles, a proposito del bizzarro comportamento delle particelle subatomiche, ebbe modo di concludere che “è meglio non considerarle come entità permanenti ma come eventi istantanei. A volte questi eventi formano catene che suscitano l’illusione di esseri permanenti, ma solo in particolare circostanze”. Detto in altre parole, quel che ci sembra solido e assoluto, le cose e le loro proprietà, sono solo illusioni. Il mondo non è la somma delle cose che ospita ma il frutto della loro continua interazione. Cambia tutto. Lo ripete Carlo Rovelli nel suo “Helgoland”: la materia descritta da massa e movimento è frutto di una “metafisica errata” perché il mondo va pensato in termini di processi e proprietà relative. “Ogni oggetto non è che un insieme di interazioni su altri oggetti. La realtà è questa rete di interazioni. Invece di vedere il mondo fisico come un insieme di oggetti con proprietà definite, la teoria dei quanti ci invita a vedere il mondo fisico come una rete di relazioni di cui gli oggetti sono i nodi”.

UN MONDO DIETRO IL MONDO
Quello che ha smesso di esistere, in verità, è “solo” il nostro mondo. A svanire nel nulla è la realtà ordinaria, fatta di oggetti che si muovono in uno gradevole spazio-contenitore, a non esistere più è il mondo in cui le cose sono cose e rimangono quello che sono indipendentemente dallo sguardo di un osservatore. L’illogico mondo descritto dai quanti, risultato di un gioco tra osservato e osservatore, in cui gli effetti possono precedere le cause, il tempo annullarsi e particelle lontanissime intrecciarsi, in cui chi osserva modifica quello che vede, quel mondo esiste eccome. Senza non avremmo la tecnologia che usiamo ogni giorno, dai laser ai microscopi elettronici, dalla risonanza magnetica ai cellulari, dal Gps a internet. C’è allora un mondo dietro il nostro mondo, un mondo vero dietro quello apparente, che quanto più dà conferma di sé tanto più rende fantasmatico il primo.

LA SCOPERTA DELL’INFINITO
Nasce allora una domanda: intrappolati nel mondo apparente, cosa ne sappiamo noi del mondo vero? Senza scomodare Platone, Kant o Nietzsche, “Il potere dell’infinito. L'universo raccontato dal calcolo infinitesimale” di Steven Strogatz, da poco uscito per i tipi di Codice Edizioni, è una risposta molto ben documentata e ricca di fascino a questo paradossale interrogativo. Tra i più celebri matematici d’America, columnist del New York Times, Strogatz è riuscito a tradurre i misteri della teoria del caos al grande pubblico e il suo ultimo libro dedicato al calcolo infinitesimale conferma il suo enorme talento di divulgatore. È grazie a questa incredibile invenzione matematica che riusciamo a vedere un mondo oltre il mondo. «Ogni volta che sveliamo una nuova porzione di universo scopriamo che vale lo stesso schema: dai vecchi elementi naturali (terra, aria, fuoco, acqua) a quelli più recenti (elettroni, quark, buchi neri e superstringhe), tutti gli oggetti inanimati dell’universo si piegano al dominio delle equazioni differenziali. È per questo che Era certamente questo che intendeva Feynman quando disse che il calcolo infinitesimale è la lingua di Dio. Se c’è qualcosa che merita di essere chiamato segreto dell’universo, di sicuro è il calcolo infinitesimale».

PROBLEMI FATTI A PEZZI
Il calcolo infinitesimale risolve un problema difficile facendolo letteralmente a pezzi. Infiniti pezzi. Si prende un fenomeno continuo e lo si divide in un numero infinito di parti.  Risolvendo queste ultime e riassemblando le risposte, si da poi un senso all’insieme di partenza. Strogatz lo chiama “principio dell’infinito” e individua tre grandi problemi in cui esso ha trovato applicazione nella storia della matematica: le curve, il moto e il cambiamento. Di triangoli e quadrati, per esempio, si possono calcolare perimetri, superfici e volumi, ma come si fa con le curve? Ecco la geniale risposta: immaginandole come se fossero fatte da tantissimi minuscoli pezzi rettilinei. Pensiamoci un attimo, ingrandendo progressivamente al microscopio una circonferenza, la porzione che vedremo comincia pian piano ad apparire dritta e piatta. Con il movimento la creatività si è spinta fino a fingere che il moto a velocità variabile fosse composto da un numero infinito di moti infinitamente brevi e a velocità costante. Da questi trucchetti emergono proposizioni nuove, le equazioni differenziali, utili a descrivere la differenza tra com’è una cosa adesso e com’è nell’istante successivo. «Con questa intuizione fantastica cominciò il calcolo infinitesimale: era la prima applicazione del principio dell’infinito». L’intuizione ha attraversato le menti migliori della storia, da Zenone ad Archimede, da Keplero a Cartesio a Fermat, fino al più grande di tutti, Isaac Newton.  

E VENNE ISAAC NEWTON
Secondo Stroglatz c’è un crocevia nella storia del calcolo infinitesimale al quale confluiscono gli sforzi della geometria di Euclide e Pitagora con quelli dell’algebra di derivazione araba e indiana.

Il momento cruciale nella vicenda del calcolo infinitesimale avviene a metà del XVII secolo, quando i misteri delle curve, del moto e del cambiamento si incrociano con il piano delle ascisse e delle ordinate di Fermat e Cartesio. I diagrammi costruiti sulle x e le y sono una rivoluzione perché accorpano in un solo colpo il dominio dei numeri (la quantità), dei simboli (x è uguale 1) e delle figure (i punti del grafico). Attraverso questa confluenza il diagramma permette di fondere aritmetica e algebra con la geometria. Né Cartesio né Fermat compresero fino in fondo la potenza della loro invenzione, anche perché fino a quel momento e ancora per qualche tempo la pirotecnica simbolica che l’algebra portava con sé non era vista di buon occhio. «Finché, un Natale – scrive con tocco ironico il matematico americano – nacque un bambino. Questo giovane messia del calcolo infinitesimale divenne un eroe improbabile: nato prematuro e senza padre, abbandonato a tre anni dalla madre, era un ragazzino solitario pieno di pensieri oscuri, poi un giovane riservato e sospettoso. Tuttavia, Isaac Newton avrebbe lasciato un segno sul mondo come nessun altro». Newton unisce l’algebra con il potere dell’infinito e mostra che è possibile rappresentare qualsiasi curva come la somma di un numero infinito di curve più semplici, descritte da potenze di una variabile x (x2, x3, x4 e così via). Sfruttando nient’altro che questi ingredienti, spiega, è possibile risolvere qualsiasi problema mai considerato sulle figure, sui moti e sul mutamento.

«CON QUESTO CALCOLO POSSO SPIEGARE TUTTO»
Isaac Newton è stato il primo a intravedere che tutto (le orbite dei pianeti, l’andamento delle maree, le traiettorie dei proiettili) poteva essere descritto, spiegato e previsto da un piccolo insieme di equazioni differenziali. Il “calculus” ha un impatto rivoluzionario: da un giorno all’altro, problemi considerati irrisolvibili diventano trattabili. Come scrisse Newton a un amico: «Non c’è linea curva espressa da equazione […] di cui io non possa dire in meno della metà di un quarto d’ora se può essere quadrata». «Può sembrare un’asserzione audace […] – aggiunge sarcastico – ma a me appare chiara per la fonte da cui l’ho tratta, che tuttavia non ho intenzione di dimostrare ad altri». La fonte segreta di Newton è il teorema fondamentale del calcolo infinitesimale. Newton, dice Stargatz, decifra il codice dell’universo perché scopre che qualsiasi tipo di moto si sviluppa sempre un passo infinitesimo alla volta, ed è guidato momento per momento da leggi matematiche scritte nel linguaggio del calcolo infinitesimale. «Sfruttando soltanto una manciata di equazioni differenziali (le sue leggi del moto e della gravitazione), Newton poté spiegare tutto, dalla traiettoria arcuata di una palla di cannone alle orbite dei pianeti. Il suo sbalorditivo sistema del mondo unificò cielo e terra, diede il via all’Illuminismo e cambiò per sempre la cultura occidentale».

I QUANTI OLTRE NEWTON E NEWTON OLTRE I QUANTI
Torniamo all’illogico mondo dei quanti. Come è noto la meccanica quantistica è il superamento di quella newtoniana. Lo si insegna a scuola, si parte dalla meccanica classica di Newton per poi scoprire che è stata soppiantata dalla relatività di Einstein e da quella dei quanti di Planck, Bohr, Schrödinger, Heisenberg e Dirac. E infatti è così. Le nuove teorie hanno sovvertito i concetti newtoniani di spazio e tempo, massa ed energia, fino a superare l’elegante determinismo newtoniano con il caotico indeterminismo di Heisenberg. Eppure il “calculus” sopravvive. Il più clamoroso esempio è l’elettrodinamica quantistica (QED, Quantum Electro-Dynamics) di Richard Feynamn, una teoria che spiega l’interazione tra luce e materia facendo sintesi tra la teoria dell’elettricità e del magnetismo di Maxwell con quella dei quanti di Heisenberg e Schrödinger, e con quella della relatività speciale di Einstein. Una teoria sbalorditiva, ancora oggi grazie ai computer i fisici sommano le serie che compaiono nella QED usando i diagrammi di Feynman, per fare previsioni sulle proprietà degli elettroni e di altre particelle. Confrontando queste previsioni con misure sperimentali estremamente precise, si è visto che la teoria rispetta la realtà fino all’ottava cifra decimale: più di una parte su 100 milioni. Volendo fare una metafora la si potrebbe mettere così: poiché 100 milioni di secondi equivalgono a 3,17 anni, una risposta giusta con una precisione di una parte su 100 milioni equivale a programmare di schioccare le dita con 3,17 anni di anticipo e farlo proprio nel secondo previsto, senza usare orologi o sveglie. La potenza dell’infinito catturata dai calcoli di Newton (e Leibniz) attraversa la meccanica quantistica e afferra con una profondità strabiliante la realtà. «Nella relatività, così come nella meccanica quantistica, le leggi della natura vengono pur sempre descritte usando il linguaggio del calcolo infinitesimale, con frasi formulate come equazioni differenziali. Questa per me è – scrive Strogatz – la più grande eredità di Newton: mostrare che la natura è logica, che in essa causa ed effetto si comportano proprio come una dimostrazione geometrica, con una verità che segue l’altra in modo logico, con l’unica differenza che qui sono gli eventi, e non le idee, che si susseguono l’uno all’altro».

L'ETERNO MISTERO DEL MONDO È LA SUA COMPRENSIBILITÀ
L’osservazione più significativa Strogatz la fa un rigo dopo, quando aggiunge: “Dal punto di vista filosofico è qualcosa di sconvolgente. Il fatto sconvolgente è che scarabocchiando qualcosa sulla carta e svolgendo certi calcoli con metodi analoghi a quelli sviluppati da Newton e Leibniz, ma aggiornati al XXI secolo, possiamo prevedere le proprietà più profonde della natura con una precisione di otto cifre decimali”. Più della scomparsa della realtà decretata dalle bizzarrie dei quanti, a sconvolgere è allora il fatto che quel mondo caotico possa continuare a essere compreso grazie agli strumenti di chi ha posto l’equivalenza tra Natura e Ragione. Abbiamo accesso al caos grazie a un chiavistello figlio della fede nell’armonia. Un bel paradosso. Si rinnova lo stupore di Einstein quando scriveva che “L’eterno mistero del mondo è la sua comprensibilità”.

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