Le Lettere d'amore del Saggiatore: «Joyce pornoromantico, Kafka trottolino amoroso»

Ecco un libro di novecentesche Lettere d'amore di autori illustri

James Joyce
James Joyce
di Francesco Mannoni
Venerdì 1 Dicembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 19:01
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Lettere d'amore d'autore? Sì, ma non esageriamo, almeno sull'amore. Prendiamo, per esempio, un'epistola di Gabriele D'Annunzio alla moglie Maria Hardouin da Roma, dove folleggiava tra diverse tresche amorose: «Ho amato te sola, te sola sempre; te lo giuro. E ti giuro che dal 5 febbraio fino ad ora non ho baciato altra donna che te, mai».

E, se proprio amore deve essere, che sia carnale e pornoromantico almeno.

James Joyce scrive all'amata Nora: «Parlatemi, care labbra che ho baciato in lacrime. Se certe porcherie che ho scritto ti offendono, portami al mio equilibrio con la frusta come hai già fatto. Che Dio mi aiuti!». E Pierre Drieu La Rochelle il 10 maggio 1929 a Victoria Ocampo, l'amata del momento: «Ricordi certe sere e certi giorni? C'insultavamo con tale accanimento. Victoria, sei la vacca più bella della pampa, come direbbe Omero».

Omero, però, non è tra gli autori che il Saggiatore ha raccolto in un libro di novecentesche Lettere d'amore (pagine 728, euro 59) di autori illustri. Lettere che, ricorda nella prefazione Massimo Onofri, «straripano spesso di desiderio ma, quanto ai codici, vivono d'una sfrenata libertà». 

Un ricamo lirico sono le parole di Paul Celan alla cantante Diet Kloos-Barendregt, come quelle di Jean Cocteau all'attore Jean Marais. Kafka fa il trottolino amoroso con la sua Milena: «Ti amo, sciocca, e proprio come il mare ama un sassolino sul suo fondale, nello stesso modo ti inonda il mio amore e per te sarò sempre un sassolino se il cielo lo vuole».

Gli amori saffici di Colette (pseudonimo di Sidonie-Gabrielle Colette) non sono una novità. A Missy (Mathilde de Morny) manda a dire: «Vado a dormine, ti amo sin nel mio più profondo, profondamente riconoscente per tutto quello che fai per me, ti abbraccio con tutto il cuore, mio amore adorato». Edith Wharton scrivendo a Morton Fullerton il 20 maggio 1908, si lascia andare: «Sono pazza di te, mio adorato, e infelice al pensiero che partirai». L'assenza assilla anche Ennio Flaiano che supplica Lilli Gierlöw: «Peccato che tu sia lontana! Torna subito, anche con pochi soldi, si rimedia sempre qui. Tu mangi poco! E l'inverno a Roma è così dolce che non avrai freddo». La storia di Elias Canetti con la poetessa Veza TaubnerCalderon (sposata civilmente per favorire la donna che era apolide) è, invece, un triangolo con il fratello George: «L'uomo che Veza ama sei tu, George», gli ricorda, svelando il più classico dei matrimoni di convenienza. 

I poeti sono i più sentimentali. Lo è Majakovskij con Elsa Triolet, Montale con Dalmati («da vent'anni non dicevo la parola ti amo»), Salvatore Quasimodo che, dal Messico, all'amata a Curzia Ferrari scrive: «Dell'Italia ricordo soltanto Curzia. Mio amore. Qui bello, bellissimo e feroce. Tu non ci sei. Feroce anche questo». Dello stesso tono le lettere di Raymond Queneau a Janine e Jean-Marie, più piccanti quelle di Erich Maria Remarque a Marlene Dietrich. Nel dicembre del 1937 le scrive: «Mi manchi terribilmente, mi sforzo di non pensare a quel buio, a quella volta che arrivai da te e la luce era spenta e tu volasti al buio tra le mie braccia... e le tue labbra erano la cosa più morbida del mondo». 

Antoine de Saint- Exupery chiamava Consuelo Suncin «mio topolino piumato. Mia pimpinella, mia mogliettina un po' folle». Turbolenta, invece la relazione di August Strindberg con la terza moglie Harriet Bosse, di quasi trent'anni più giovane di lui. Incinta, la sposina avverte il drammaturgo che il bambino non avrebbe potuto assomigliargli. Offeso, lui risponde: «Se questo non fosse il mio bambino, allora dovrebbe essere di qualcun altro. Ma tu non volevi dire questo; tu volevi solo avvelenarmi». 

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