I libri del 2023, con Auster e McCarthy contro i «comfort book»

Segnali positivi per le asfittiche casse dell'editoria

Paul Auster
Paul Auster
di Generoso Picone
Giovedì 28 Dicembre 2023, 11:28
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A guardare il titolo che svetta nella classifica dei romanzi più venduti in questo finale di stagione, cioè Tutto è qui per te di Fabio Volo (Mondadori, pagg. 240, euro 19) verrebbe da dire che questo 2023 è stato davvero l'anno dell'«up lit»: della letteratura edificante, all'insegna di un approccio consolatorio alle fatiche del vivere, appunto «uplifiting» come il «Guardian» di qualche mese fa aveva cifrato la tendenza montante del «feel good book». Se tanto davvero è, occorrerebbe consegnare a Volo - dj, attore e performer affermatosi da tempo da scrittore di successo e larghi numeri il ruolo di capofila almeno italiano nel genere, ben suffragato da vendite e seguiti che lo vedono non soltanto superare giallisti collaudati come Donato Carrisi (L'invenzione delle farfalle, Longanesi, pagg. 432, euro 23), Maurizio de Giovanni (Soledad, Einaudi, pagg, 281, euro 18,50) e Antonio Manzini (Elp, Sellerio, pagg. 544, euro 17), e anche di fronteggiare nella graduatoria dell'annata grandi bestselleristi come Ken Follett (con Le armi della luce, Mondadori, pagg. 712, euro 27), Isabel Allende (Il vento conosce il mio nome, Feltrinelli, pagg. 320, euro 22), John Grisham (Lo scambio, Mondadori, pagg. 312, euro 22,50) e Stephen King (Holly, pagg. 512, euro 21,90).

Certo, un buon segnale per le asfittiche casse dell'editoria.

Si tratta però di un'opera di cui la storia della letteratura conserverà memoria e valore? O, al contrario, il «comfort book» rispondendo a domande immediate e urgenti del pubblico, stringe con il lettore un patto emotivo saldato nella contingenza, giocando in superficie, somministrando pathos in dosi terapeutiche e investendo in sentimentalismo sfuso? Non sono questioni di scarso conto, continueranno a emergere e a segnare pagine a venire.

Ma spostandosi da quest'area per abbracciare l'affermazione sulla quale Massimo Cacciari fonda l'impianto del suo «Metafisica concreta», la convinzione che il compito di ogni filosofia sia quello di scardinare «ciò che ci appare manifesto e che perciò diciamo di sapere» per muoversi invece alla ricerca dell'«arché nascosta», non ci si potrà non accorgere che oggi il romanzo può dare anche altro.

Per esempio, interrogare con intensità leggera e radicale i temi dell'assenza e del lutto, della memoria e del dolore, del principio e della fine, dei significati ultimi: insomma del grumo di argomenti posti al confine dell'impensabile, non può non essere Baumgartner di Paul Auster (Einaudi, pagg.155, euro 17,50).
Appaiandosi, nel canone così costruito, a un'altra grande narrazione americana: Il passeggero di Cormac McCarthy (Einaudi, pagg. 391, euro 21).
McCarthy, scomparso il 13 giugno scorso, è tra i riferimenti letterari di Emanuele Trevi, l'ombra che attraversa il suo La casa del mago (Ponte alle grazie, pagg. 249, euro 18), il migliore romanzo italiano dell'annata.

Si tratta della ricerca identitaria della figura di un padre nel cui braciere psichico c'è «qualche cosa che potesse dare un significato alla banalità della vita». Emanuele Trevi si muove tra memoir e finzione, in una trama che ibrida i generi come in La bella confusione di Francesco Piccolo (Einaudi, pagg. 285, euro 20), il diario di un viaggio investigativo che allinea Luchino Visconti e Federico Fellini, la resa cinematografica di «Il Gattopardo» di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e le atmosfere di «Otto e mezzo».

La testimonianza di sofferenza e dolore che nei suoi caratteri si distanzia dall'affollato scaffale di testi italiani sulle scritture dell'estremo è rappresentata da Come d'aria di Ada D'Adamo (Eliot, pagg. 144, euro), il romanzo-verità dell'autrice vincitrice del Premio Strega, attribuitole dopo la sua morte il primo aprile scorso: il racconto che espone il suo itinerario nella malattia che in una fase in cui sono apparse numerose e non sempre esaltanti le celebrazioni di ferite, drammi, abbandoni e sradicamenti, ha la straziante autenticità di una esperienza tragicamente diretta, mostrando il tentativo di misurarsi con l'indicibilità di una condizione nei modi di una prova letteraria di qualità.

Lavorano sul trauma pure Alessandro Baricco, nell'impresa con il western metafisico Abel (Feltrinelli, pagg 174, euro 17), e Niccolò Ammaniti che ha proiettato il suo sguardo verso l'esterno in La vita intima (Einaudi, pagg. 3212, euro 19). Non sempre si è stati in grado di cogliere nei materiali della Storia i segni dell'eternità dei comportamenti. Ci ha provato Francesca Giannone, esordiente con La portalettere (Nord, pagg. 416, euro 18), Anna donna nel Sud degli anni '30 in una trama dove lo stereotipo è puntualmente in agguato. Probabilmente occorrerebbe guardare all'esempio di Olga Tokarczuk, l'autrice polacca Nobel per la letteratura nel 2018, che in I libri di Jakub (Bompiani, pagg. 960, euro 29) racchiude il grande viaggio dell'ebreo Jakub Frank nella dimensione epica e immaginifica di una immersione nel buio dell'animo umano, nelle verità profonde che vi albergano e che i secoli ripropongono nei loro tornanti.

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