Nel «Gaddabolario» di Paola Italia le parole per non dirlo

Non è azzardato pensare che alcune di quelle parole alla fine possano acquisire la patente di «neologismo», entrando a far parte del lessico della lingua

Carlo Emilio Gadda
Carlo Emilio Gadda
di Raffaele Aragona
Martedì 20 Dicembre 2022, 11:00
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Nel 2023 cadono due anniversari gaddiani: il cinquantesimo della morte (21 maggio 1973) e il 130mo della nascita (14 novembre 1893). È anche per questo che Paola Italia, ordinaria di Filologia italiana all'università di Bologna, ha pensato a una raccolta particolare. Sono 219 i vocaboli di questo Gaddabolario (Carocci editore, pagine 176, euro 16), un numero, guarda caso..., che corrisponde a un civico, proprio quello di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, il titolo più conosciuto di Carlo Emilio Gadda.

La Italia ha riunito intorno a sé 61 studiosi che, da Claudio Vela a Serena Vandi, da Matilde Passafaro a Giulio de Jorio Frisari, da Giorgio Pinotti a Isabel Zamboni, con lei hanno scelto e commentato «le parole dell'Ingegnere» (come sono definite nel sottotitolo di questo florilegio).

È un succedersi di vocaboli che a volte riescono incomprensibili al di fuori del contesto, ma che in realtà mostrano una scrittura colorita fino all'inverosimile e quasi sorprende la loro presenza nelle pagine di un autore inizialmente difficile da leggere, almeno dopo un iniziale spaesamento, perché, come nota la curatrice, «leggere Gadda è un'avventura: un esercizio di conoscenza, un viaggio nella lingua italiana, un corso pratico di ironia».

Ed è certo che con lui «a volte si ride irrefrenabilmente fino alle lagrime, altre volte è un riso amaro, sarcastico»; e «le parole dell'ingegnere» contribuiscono: «barbivelluto», «barbuglioso», «calamburesco», «grèculo», «gnommero», «ingravallesco», «inturpito», «scarligare», «sperlusciato», «strologare»..., tanto per citarne alcune. 

Il «salsoso» scelto e commentato da Lorenzo Bandini è estratto da una delle Lettere a Solaria nella quale un insolito Gadda racconta dell'operazione cui dovrà sottoporsi, e l'incipit merita d'essere riportato per la sua leggerezza: «Addio monti di spaghetti sorgenti dall'acque salsose della pommarola che giungeva quasi 'n coppa e con cui m'imbrodolavo (nei momenti di oblio) il bavero della giacca e la mia poco rivoluzionaria cravatta!», laddove Lorenzo Bandini commenta: «un'equorea salsosa pommarola invade la scena e insozza baveri e tovaglie con la sua viscosità, il suo colore e il suo sapido gusto inconfondibile». 

«Certo è che un vate ottocentesco non avrebbe osato affrontare il pubblico, in nessuna circostanza, coi capelli o all'americana o circumrapati alla tedesca, come li esigo io dal recalcitrante mio figaro»; così Gadda da I viaggi la morte e da qui Mariarosa Bricchi estrae «circumrapato», notando come l'aggettivo segua delle «righe straripanti di pelame, si squaderna un minicampionario di esplosioni lessicali» e «all'ostentazione tricologica dei vati-profeti si oppone la sobrietà dell'io recitante». Ricordando, poi, che in una copia manoscritta del saggio Come lavoro è attestata la forma incolore «rapati» e che in una correzione viene inserito il prefisso «circum» geometrizzando l'aggettivo, Bricchi osserva come «in Gadda l'invenzione linguistica non coincide con l'invenzione tout-court; la fantasia del verbapoiete esige una rampa di lancio». 

Non è azzardato pensare che alcune di quelle parole alla fine possano acquisire la patente di «neologismo», entrando a far parte del lessico della lingua. È il caso, ad esempio, di «gnommero» che è «il centro di tutta la filosofia della nevrosi gaddiana. Indica il groviglio, il garbuglio, il pasticciaccio, il gomitolo inestricabile, il gorgonzola, il guazzabuglio», come nota Edoardo Camurri; e lo gnommero è proprio quello nel quale si ritrova don Ciccio Ingravallo quando tenta di sbrogliare la matassa di quel brutto pasticciaccio. Insomma, come suggerisce Paola Italia, questo Gaddabolario è «uno strumento indispensabile per addentrarsi, di parola in parola, nei labirinti. 

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