Paolo Rumiz, Una voce dal profondo: «Solo qui il caos attrae»

«Chi sa cogliere lo spirito di Napoli quando va via da questa città si sente un uomo diverso»

Paolo Rumiz
Paolo Rumiz
di Ugo Cundari
Giovedì 30 Novembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 1 Dicembre, 07:28
4 Minuti di Lettura

Dalla Sicilia al Friuli, l'Italia è terra di faglie sismiche che implicano identità mobili, sfuggenti, inafferrabili. Di questo Paese difficile da definire, tellurico, magmatico, scivoloso, la capitale non può essere che Napoli. È qui che lo scrittore viaggiatore triestino Paolo Rumiz si perde per ritrovarsi diverso, è qui che inizia e finisce il suo personale Grand tour, mitico e antropologico, raccontato in Una voce dal profondo (Feltrinelli, pagine 292, euro 18) che l'autore presenta domenica alle 18 alla libreria Feltrinelli di piazza dei Martiri.

A Napoli è stato guidato da scrittori, antropologi e geologi ma la prima citazione è di un signore anonimo, vero Rumiz?
«Nell'estate del 2019 ero nella libreria Neapolis di Annamaria Cirillo.

Cercavo un commento agli scritti di Benjamin sulla Napoli porosa che non si limitasse ai soliti luoghi comuni sul tufo. Un signore d'altri tempi, magro, brizzolato, con giacca e cravatta nonostante il caldo soffocante, ascoltò la mia richiesta e nella più classica delle scenette partenopee intervenne. Mi aprì un mondo. Napoli offre sempre risposte a chi sa ascoltare».

Che cosa le disse?
«La propensione di Napoli alla porosità la poteva notare solo un tedesco, uno che ha un bisogno patologico di perimetri e di regole. Però Benjamin ha colto solo una parte del tutto. Se fosse rimasto più tempo avrebbe potuto allargare il ragionamento. Qui è poroso tutto, anche le automobili. Quando si incrociano nei vicoli vanno oltre la compenetrazione dei corpi. Nei bassi, Democrito avrebbe trovato la conferma della sua teoria sugli atomi eterni e indivisibili».

La pensa così anche lei?
«Chi sa cogliere lo spirito di Napoli, e io da miscredente nordico mi illudo di esserci riuscito, quando va via da questa città si sente un uomo diverso. Sa che tutto è connesso, non esistono mondi distinti. Questa consapevolezza implica una ginnastica mentale enorme. Il napoletano vive perennemente in comunione con l'altro, con il diverso, con la morte, con i sotterranei dell'anima. La sua vita è una ininterrotta nuova esperienza spaziale, acustica, olfattiva, tattile».

Lei offre una visione diversa della sirena Partenope e della vittoria di Garibaldi.
«È vero che Partenope significa vergine, ma non nel senso comunemente inteso. Il suo significato più autentico si rifà a quello antico quando vergine non era colei che si asteneva dagli accoppiamenti ma la donna libera, non sottoposta all'uomo. Un concetto di grande attualità. Come sempre Napoli è più avanti».

La storia di Garibaldi?
«Mi sono sempre chiesto come sia stato possibile che Garibaldi sia arrivato a Napoli quasi senza combattere, dopo le fulminanti vittorie in Sicilia. Dov'erano finite le armate borboniche? La plebe che aveva massacrato Pisacane e i suoi compagni giovani e forti si era improvvisamente squagliata?».

Risposta?
«Perché in Calabria e nelle terre campane prima di Napoli la gente era stremata dai terremoti. Perciò non oppose resistenza. La terra che trema ha condizionato e tuttora condiziona la storia dell'Italia. Anche in questo ambito Napoli è diversa da tutte le altre città sismiche».

In cosa?
«Nel popolo la sequenza di catastrofi naturali non ha generato percezione del rischio, ma, all'opposto, attrazione verso il caos. Napoli, invece di allontanarsi dal Vesuvio, ne è stata irresistibilmente attratta. La città ha assorbito la sua ombra, anzi ha fatto di più».

Perché?
«La morte è diventata risorsa di vita. “Nisciuna cosa ce po cchiu d'a cennere”. Cenere, come Cenerentola, la gatta, la fiaba in musica scritta da De Simone, dove una serva diventa regina. Niente fa più bene della cenere. Verità che nei vicoli di Napoli diventa “Niente fa cchiu sciure d'a mmerda”, niente fa più fiori della merda. Esempi monumentali di pragmatismo e di inversione del senso comune che apre prospettive inedite sul senso dell'esistenza. Napoli è l'occasione per rileggere tutta l'Italia dal basso». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA