Un giovane aviatore destinato a cadere in volo, un giorno descrisse all'écrivain-aviateur Antoine de Saint-Exupéry una norma del regolamento adottato dalle compagnie aeree che con ogni evidenza lo tormentava: se di un pilota morto in servizio non fosse stato trovato il corpo, la sua famiglia non avrebbe incassato alcun risarcimento. E quando, di lì a poco, il suo aereo precipitò in un burrone, il cadavere del ragazzo fu rinvenuto vicino al suo orlo, appoggiato a una roccia come se si fosse seduto lì per poi morire. Era riuscito ad arrampicarsi dopo lo schianto chissà con quanta indicibile fatica, per farsi trovare e non lasciare i suoi senza sostegno.
Questa è solo una delle centinaia di nuances narrative con cui Romana Petri arricchisce il racconto biografico su Antoine de Saint-Exupéry in Rubare la notte (Mondadori, pagg. 260, euro 18), tra gli 80 candidati al Premio Strega.
Petri lo mostra dal lato dell'immagine riflessa verso gli altri, di aviatore votato a stare in mezzo alle nuvole spumose e di scrittore di enorme successo, seduttore di decine di donne stregate dal suo naso a ricciolo, travolto da amori senza possesso né, a volte, sesso. Ma con ancor più forza, lo ritrae nella sua interiorità attingendo ai suoi scritti, alle lettere, alle testimonianze su di lui, e trasfigurando i passaggi di una vita conclusa a 44 anni, con forte immaginazione da scrittrice di rango. L'esito è il complesso romanzo sulla sostanza umana, e forse l'intima verità, di un personaggio divenuto leggenda in vita e oltre per la sua stessa morte più e più volte annunciata, così come per la sua sparizione in mare.
L'inquadratura narrativa è da telecamera fissa ininterrottamente sul protagonista: niente affresco sociale né ricostruzione d'epoca. La scena è sempre solo occupata da lui. Da Tonio bambino già totalmente innamorato di sua madre vedova, costretta a piangere la morte di due figli; da Tonio ragazzo pronto a disobbedirle «staccando l'ombra da terra» in un propiziatorio battesimo dell'aria; da Tonio autore di fluviali lettere a lei; di Tonio scrittore subito adocchiato da Gide e Gallimard per quel Volo di notte che ispirò a Guerlain il nome di un profumo; e ancora da Tonio stregato dall'unica parola francese usata sia per «volare» che per «rubare».
Vediamo Tonio ritratto nelle sue distrazioni che gli saranno fatali e che sono in realtà una specie d'ininterrotta ricerca della morte: gli suggeriranno l'abitudine di scrivere, leggere e disegnare in volo, dove più che altrove gli vengono «delle magnifiche idee». Lo seguiamo nelle sue peripezie di volo notturno, in quelle per consegnare la posta tra Francia e Algeria, nel ritorno alla sua pattuglia 2/33 durante la Seconda guerra mondiale, in cui sarà di stanza anche a Pomigliano, nelle sue innumerevoli storie d'amore sempre sopra le righe, sempre rapito dall'oscillazione delle gonne femminili. E c'è la storia d'amore cominciata nell'infanzia con Loulou «fidanzata per gioco», quella bizzarra con Consuelo, vedova «cinguettante» e capricciosa divenuta sua moglie, quella con Madame de B, incostante fuggitiva, ci sono quelle occasionali con Nelly e le altre senza volto. A tutte lui scrive interminabili lettere spesso uguali, cambiando solo l'intestataria.
A sua madre e solo a lei riserva però lo slancio intimo più profondo e costante, abitato dal sogno di trovare una casa in cui vivere con lei insieme per sempre, da creatura destinata a un'eterna infanzia svelata nel sé stesso «piccolo principe» di un altro pianeta, non meno che nell'adulto pilota incontrato nel deserto.
Ecco, quel che vuol mostrarci Romana Petri è la sensazione di alterità rapportata a un mondo terreno mediocre. E l'impossibilità di essere normali vissuta come somma bellezza da un personaggio di un altro mondo, non omologabile, deciso a spiccare il volo spingendo in alto l'immaginazione e la scrittura letteraria, al di sopra della realtà.