Katy Hessel Storia dell'arte senza uomini: la storia dell'arte riscritta al femminile

L'ultima opera della storica dell'arte, broadcaster e curatrice inglese già selezionata per la lista «Forbes 30 under 30»

Katy Hessel
Katy Hessel
di Giuseppe Montesano
Domenica 5 Marzo 2023, 09:00 - Ultimo agg. 17:21
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Nel 2021 la storica dell'arte, broadcaster e curatrice inglese Katy Hessel è stata selezionata per la lista «Forbes 30 under 30» che indica le persone di maggior successo di quell'anno al di sotto dei trent'anni: ora della Hessel, che per età è quasi una millennial ed è quindi pienamente rappresentativa dell'attualità, Einaudi manda in libreria La storia dell'arte senza gli uomini.

La Hessel racconta che nel 2015, visitando una fiera d'arte, si rende conto di colpo che in mezzo a migliaia di opere non ce n'è nessuna fatta da una donna, comincia una ricerca che approda prima a un account Instagram e a un broadcast e poi a questo volume, che fa la storia delle donne artiste dal Rinascimento a oggi: non per cancellare gli uomini, ma per mettere in risalto le donne cancellate dalla cultura ufficiale.

E il lettore che percorre questa storia dell'arte assume lentamente uno sguardo diverso, e scopre artiste che gli erano sfuggite o riscopre artiste che conosceva ma che sono in ombra nelle storie dell'arte tradizionali. Così il lettore, rivede la pop artist Marisol e il suo «Amore» del 1962, una bottiglia che sembra di Coca Cola e che quasi squarcia la bocca femminile in cui penetra, e pensa che Warhol non ha mai avuto tanta visionaria violenza creativa; torna a guardare «Oggetto» di Meret Oppenheim e pensa che Duchamp con i suoi straordinari ready-made non ha fatto, forse, niente di più misterioso; torna ad Alice Neel e ai suoi ritratti e la vede come una stella di prima grandezza, non inferiore a Lucien Freud; e scopre, tra l'altro, il fumettismo terribile e parlante di Faith Ringgold.

In questa direzione di messa in luce ulteriore o di riscoperta il libro della Hessel ha antenati insuperabili, come Artemisia Gentileschi e Quando le donne si misero a dipingere di Anna Banti e L'altra metà dell'avanguardia di Lea Vergine, e non sarebbe stato certo un male se questi e altri libri fossero stati citati in una massa di riferimenti troppo anglo-centrici.

Ma per la Hessel non si tratta solo di riallineare Artemisia Gentileschi e Berthe Morisot e Lee Miller e Louise Bourgeois in un nuovo ordine, ma di una dichiarazione di principi che porta la Storia dell'arte senza uomini direttamente nell'attualità più scottante. Nel libro compaiono alcuni accenni sociologici, che sarebbero da sviluppare, quando la Hessel nota che solo nel 2017 un'artista di colore, Lubaina Himid, ha vinto il Turner Prize in Inghilterra; che solo nel 2022, alla Biennale di Venezia, ci sono state, in rappresentanza del Regno Unito e degli Stati Uniti, due artiste di colore, Sonia Boyce e Simone Leigh; e che la Royal Academy of Arts si aprirà per la prima volta a una donna, Marina Abramovic, nel 2023: e qui si aggiunge che non è certo coraggio, quello della Royal Academy, dato che non si tratta di un'artista da scoprire o riscoprire, ma di una star assoluta del contemporaneo.

E Storia dell'arte senza uomini diventa indicativo soprattutto se si ricollega a ciò che sta accadendo in questi vorticosi anni di mutamenti e reazioni ai mutamenti, in mezzo ai cambiamenti che ruotano intorno alle questioni sollevate dal gender come dal Black Lives Matter: perché l'arte in fondo non è che una manifestazione di individui, maschi o femmine o altri-altre, che vivono in una società e in una Storia, e gli individui e la loro sessualità sono condizionati da politica e economia.

Oggi si finge che la domanda provocatoria di un articolo del 1971 di Linda Nochlin, «Perché non ci sono state grandi artiste?», sia superata, e che la libertà per tutte-tutti sia realtà: non è così. Eppure nel mutamento del costume c'è l'accenno di un terremoto di cui pochi hanno percezione, una rivoluzione che come sempre parte da quell'occidente cristiano-illuminista che non a caso è «il Male» per i Putin di ogni risma e di ogni tradizione pret-à-porter: un mutamento che trasformerà radicalmente istituti come matrimonio, paternità-maternità, sessualità e convivenza, ma che noi non siamo preparati a modellare in forme nuove di convivenza sociale.

La questione, immensa, è che se il cambiamento del «costume» e degli istituti giuridici non sarà allo stesso tempo, in un rinnovato senso cristiano-illuminista, anche un cambiamento delle forme di lavoro, ricchezza, equità e libertà, allora i prossimi decenni strozzeranno, più di ora, la libera vita interiore-esteriore in un osceno cappio: stretto dall'alleanza tra l'arcaico sacrificale del sangue e una «modernità» vecchissima e senza idee. Sono questi, e solo alcuni, dei pensieri che vengono sfogliando La storia dell'arte senza gli uomini. 

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