Valeria Galante e La casa delle sirene: chi si nasconde dietro lo pseudonimo?

L'indiziato principale è Diego Lama, già autore di thriller ambientati nella Napoli di fine Ottocento

La Riviera di Chiaia nell'Ottocento
La Riviera di Chiaia nell'Ottocento
di Ugo Cundari
Domenica 2 Luglio 2023, 12:00
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Pochi anni prima dell'Unità d'Italia, una ventenne di via Foria sposa, per convenienza, un vecchio e ricco commerciante di stoffe. Si trasferisce in un palazzo signorile alla riviera di Chiaia. Lì dopo poco partorisce una bambina, concepita con l'amante che deve rimanere tale perché più dell'amore contano «soldi, casa, amicizie, una posizione, la servitù, la tranquillità». Donna cinica e sensibile, calcolatrice e innocente, coraggiosa e vigliacca allo stesso tempo, dopo un aborto procuratole dal dolore per aver saputo che l'uomo che l'ha messa in cinta è morto, adotta una bambina.

Madre, figlia naturale e figlia adottiva sono le protagoniste di La casa delle sirene (Mondadori, pagine 456, euro 19,50) saga di sorellanza raccontata anno per anno dal 1850 al 1900 in una Napoli che da capitale borbonica diventa metropoli del nuovo stato e infine sta per conoscere i fasti del liberty.

I personaggi maschili sono per lo più comparse che ne escono spesso male, porci e profittatori, e le tre lotteranno per imporsi in un mondo maschilista in cui l'uomo ha il diritto di essere debole ed è la donna a doversi fare carico di responsabilità e doveri. Il sesso è una prova di pazienza («tanto passa presto»), con i mariti bavosi sempre pronti a «ficcare». 

Per sopravvivere, qualcuna si convince di avere la resistenza delle streghe, di poter condizionare la realtà con il pensiero. A volte questa sensazione diventa paura di avere addosso una maledizione. Il percorso di emancipazione, lungo e tortuoso, alla fine darà i suoi frutti. Il romanzo è firmato da Valeria Galante, pseudonimo di chi «ha deciso di raccontare episodi vissuti dalla propria famiglia per fare pace con un passato lontano i cui fantasmi continuano a vivere nel suo presente. Non voglio farmi riconoscere perché alcuni dei membri anziani della famiglia sono ancora in vita e non gradiscono che la storia dei loro ascendenti venga diffusa» dice, nella sua prima intervista, tramite mail, l'autore/autrice. Chi potrebbe essere Galante che ammette di non essere un esordiente e ha già scritto, sempre tenendo per buone le risposte, «diari, poesie, riflessioni, racconti e qualche romanzo, ma è la prima volta che affronta un percorso autobiografico»? Forse Wanda Marasco, che ha già dimostrato ampiamente di conoscere bene la Napoli a cavallo tra i due secoli, o l'infaticabile Maurizio De Giovanni, che spesso scrive di donne tenaci.

Ma l'indiziato principale è Diego Lama, già autore di thriller ambientati nella Napoli di fine Ottocento, profondo conoscitore della storia di Chiaia, dove vive e lavora, e, ancora, della stessa agenzia letteraria della Galante, la Piergiorgio Nicolazzini. Ancora, la Galante a una delle nostre domande sulla sua identità risponde, parlando di sé in terza persona: «Ama muoversi a piedi, è una buona camminatrice, ed è facile incontrarla mentre scende a piedi dalla collina di Posillipo fino a Chiaia, o dalla pedamentina a Spaccanapoli, oppure a passeggio lungo il corso Vittorio Emanuele di cui utilizza tutti i percorsi per salire verso il Vomero o arrivare a via Toledo attraverso i Quartieri Spagnoli. Si muove a suo agio tra i vicoli del centro storico, come pure nella zona dei Ponti Rossi e di Capodimonte, la Sanità e Forcella. Le sue protagoniste hanno questa stessa conoscenza della Napoli della loro epoca, e come lei percorrono la città e la descrivono nella sua evoluzione urbanistica che nella seconda metà dell'800 è stata vivace e variegata».

Il riferimento all'evoluzione urbanistica lascia intuire che possa essere un tecnico, e Lama è un architetto, che fra l'altro si muove solo a piedi. Chissà se Galante avrà la stessa fortuna di Ferrante, e chissà che fra le due non ci sia più di una assonanza nella parte finale del cognome. Di sicuro, a parte qualche pagina di troppo, lo stile è ben congegnato per una storia ambientata a partire dalla metà dell'Ottocento, i dialoghi sono ben asciugati, i personaggi, tanti, tutti ben definiti. Lo sfondo storico è ben costruito, spesso si danno informazioni su tradizioni e usanze dell'epoca come l'inumazione nel cimitero delle 366 fosse e il funzionamento della ruota degli esposti, e ogni paragrafo inizia con la citazione di un romanzo, una poesia, una canzone, un quotidiano dell'epoca, o con stralci di discorsi e documenti ufficiali come la relazione medica sul colera o le statistiche delle cause di morte così da offrire puntualmente, dell'anno raccontato, l'inquadramento storico. 

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