Uno scrittore affermato decide di pubblicare, nell’ultimo decennio della sua vita, quattro romanzi sotto pseudonimo, l’identità dell’autore sarà svelata solamente a seguito della sua morte. È quello che è successo a Romain Gary, scrittore francese che ha ispirato “Il buon uso della distanza” di Vito di Battista (Gallucci).
La storia è ambientata a Parigi nel 1976.
Come nasce questa storia?
«La mia tesi della triennale era su Gary, uno dei miei autori preferiti. Decise di ingannare il mondo editoriale. Le ragioni che lo spinsero a questa scelta mi intrigavano, così inizia a prendere forma nella mia testa una storia ispirata alla sua. Non si tratta assolutamente di un romanzo autobiografico, ma ci sono delle cose vere che appartengono a me o alle persone che ruotano intorno a me. Lavoro nel mondo dell’editoria e mi sono trovato a fare i conti con tante situazioni a limite del reale».
Dunque, il protagonista ricorda lei?
«Pierre non sono io. Non abbiano nulla in comune a parte il fatto che durante il racconto scrive il mio primo romanzo, di cui accenno soltanto titolo e trama, e cita altre storie che non ho ancora scritto, ma che magari un giorno realizzerò. Mi sembrava un gioco interessante: un romanzo che parla di finzione e che conservasse un po’ di me in maniera laterale».
Quanta ricerca c’è alle spalle, anche per l’ambientazione parigina?
«Gary era francese, non avrei potuto che ambientare a Parigi il libro. Credo che la città conservi il centro culturale più esteso dell’Europa, sia in chiave positiva che negativa. È lì che si decidono le sorti dell’editoria e le carriere degli scrittori. Gary era fuori da alcuni circoli, ma era una persona sfaccettata. A un certo punto la critica aveva deciso che era uno scrittore finito. Così, lui ha deciso di pubblicare sotto pseudonimo e quegli stessi critici cominciarono a dire: “Vedi, questa è la nuova letteratura non quella di Gary”, senza sapere che invece si riferivano alla stessa persona. Nonostante questo, il libro non rappresenta una critica alla letteratura, tutt’altro: di cercare la libertà dell’atto creativo. La storia poteva avere come protagonista anche un altro artista, non è importante la materia, ma l’arte in sé, è uno scrittore perché lo era già nella verità a cui si ispira».