Gianna Fregonara e Orsola Riva, Non sparate sulla scuola: Sos dai banchi

Il saggio fotografa le disastrose condizioni del sistema di istruzione italiano

Gianna Fregonara con Michelle Obama
Gianna Fregonara con Michelle Obama
di Ugo Cundari
Venerdì 10 Novembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 11 Novembre, 07:50
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Qualche mese prima di essere centrato dal cecchino, il presidente degli Stati Uniti d'America, John Fitzgerald Kennedy, disse: «I cinici e gli scettici moderni non vedono nulla di male nel pagare a coloro ai quali affidano le menti dei loro figli uno stipendio inferiore a quello pagato a coloro ai quali affidano la manutenzione del loro impianto idraulico». Sessant'anni dopo possiamo serenamente convenire sul fatto che oggi poco è cambiato se non che il gap di stipendi tra idraulici e insegnanti è aumentato ancora di più in favore dei primi con i docenti che da 1350 euro al mese possono arrivare al massimo a 2000 sulla soglia della pensione. Per di più, chi insegna a scuola impazzisce «fra incombenze e scartafacci che neanche Il castello di Kafka» scrivono Gianna Fregonara e Orsola Riva in Non sparate sulla scuola (Solferino, pagine 212, euro 16), un saggio che fotografa le disastrose condizioni del sistema di istruzione italiano, dati e statistiche alla mano, dalla vergogna dei diplomifici all'allarme sulla dispersione.

I docenti sono vessati da responsabilità e scadenze di ogni tipo, ma hanno anche parte delle colpe in questo naufragio del sistema scolastico.

Per gli autori la loro preparazione non è sufficiente. È vero, la stragrande maggioranza di loro ha le giuste nozioni e conoscenze, ma saper insegnarle è un mestiere che non si inventa. Il sistema dei concorsi si è talmente logorato che «a furia di sanatorie e incidenti nell'organizzazione, è considerato ormai una forma di selezione poco più che formale».

Poi ci sono quelli come Eugenia Carfora, preside dell'Istituto Morano di Caivano, che fa più del dovuto: «Quando arrivo a scuola, esco subito, comincio a girare per i bar, vado a cercarli, a chiamarli uno per uno, vado loro incontro quando li vedo in fondo al marciapiede».

Su un totale di poco meno di un milione di insegnanti incardinati, i supplenti sono duecentomila e quando prendono servizio «fanno appena in tempo a fare l'appello che già devono cominciare a correre per recuperare». Dall'altra parte della barricata ci sono gli studenti, che entro i prossimi dieci anni saranno un milione e mezzo in meno e oggi, spesso, «alla vigilia dell'esame di Stato possono contare su capacità linguistiche e logico-matematiche da terza media».

Se alle elementari non si può bocciare se non in casi eccezionali e motivati, e alle medie il numero dei promossi sfiora il 99%, «alle superiori i ragazzi scoprono di non essere abbastanza preparati o di aver sbagliato strada. Uno studente su quattro non viene promosso a giugno».

Nel mezzo - come raccontano Fregonara e Riva - tra i docenti e gli studenti, combattono i genitori, sentendosi in diritto di intervenire in ogni situazione. «Ci sono quelli che contestano la scelta del libro da leggere nelle vacanze o la meta della gita scolastica, chi protesta per la mole dei compiti, chi si mette a sindacare sui voti dei figli. Ci sono anche quelli, fortunatamente pochi, che minacciano, schiaffeggiano e aggrediscono». Se una speranza c'è, sta nell'aumento degli investimenti e in una riforma condivisa dalla quale non bisogna spettarsi risultati sul breve periodo ma su quello lungo. Ne va della salvezza del Paese perché, come diceva Benjamin Franklin, «nessun altro investimento se non quello sull'istruzione paga migliori interessi». 

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