Le comete di Tosatti sulla notte dell'Italia

Le comete di Tosatti sulla notte dell'Italia
di Alessandra Pacelli
Martedì 15 Febbraio 2022, 11:47
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Una testa e un cuore napoletani per il Padiglione Italia della 59ma Biennale Arte di Venezia, che aprirà al pubblico dal 23 aprile al 27 novembre dopo aver saltato un anno causa Covid. Il curatore è Eugenio Viola, partenopeo doc classe 1975 che attualmente vive a Bogotà dove dirige il museo Mambo, che ha scelto un artista unico - ed è la prima volta - a rappresentare l'Italia: Gian Maria Tosatti, napoletano d'elezione benché sia nato a Roma 41 anni fa. L'uno e l'altro strettamente legati da una visione comune del fare arte: «Con Tosatti ho una lunga consuetudine - spiega Viola - che si concretizzò già nel 2013 in una sorta di saga curatoriale lunga tre anni che portò alla riapertura di 7 luoghi monumentali napoletani, e che si concluse con una sua mostra al museo Madre. Quello che più ci accomuna è che i nostri progetti sono in continuo divenire, capitoli per immagini di un unico grande romanzo».

«Storia della notte e destino delle comete», questo il titolo dell'opera di Tosatti, presentata ieri mattina al ministero della Cultura, «è un progetto espositivo affascinante - afferma il ministro Franceschini - e attraversa diversi linguaggi artistici indagando le contraddizioni della contemporaneità e il rapporto tra uomo e natura. Un buon segnale per l'Italia e per la Biennale che è sotto gli occhi del mondo». Gli fa eco Ninni Cutaia, dg Creatività Contemporanea del Mic e Commissario del Padiglione che, presentando Viola come una delle personalità curatoriali più interessanti del momento, dice poi che «l'arte può raccontare la complessità della contemporaneità, le sue contraddizioni e i suoi cortocircuiti, ma anche proporre immaginari in grado di rileggere la realtà, sollecitando sguardi visionari che si aprono al futuro». Ha poi ricordato che il ministero ha messo in campo per il progetto 600.000 euro, cui si sono aggiunti 1.450.000 euro che artista e curatore sono stati capaci di ottenere da sponsor privati, in primis Sanlorenzo e Maison Valentino.

Il presidente della Biennale Roberto Cicutto ha invece usato toni più leggeri: «Da ex uomo di cinema sarei stato felice di produrre un film con il titolo Storia della notte e destino delle comete. Promette mistero, scoperte e l'emozione di un viaggio molto speciale».

«In effetti è un titolo molto evocativo, e si riferisce al nostro presente incerto», dice Viola finalmente entrando nel merito dell'opera, che racconta la notte dei sogni perduti di un'Italia tradita dal boom economico: «Si articola in due tempi quasi teatrali, con un prologo e un crescendo rossiniano fino all'epifania finale che apre alla speranza.

Fonde una pluralità di linguaggi come di consueto nella ricerca di Tosatti, dai riferimenti letterari alle arti visive, dal teatro alla musica e alla performance. Narra del difficile equilibrio tra uomo e natura, tra sviluppo sostenibile e territorio, tra etica e profitto, proponendo una lettura estetica di questo scenario e offrendo una piattaforma inedita in cui sviluppare un dibattito intorno a questi temi. E tutto il percorso è sostenuto da riferimenti letterari, come Il progresso scorsoio di Zanzotto, La dismissione di Ermanno Rea e anche Gomorra di Saviano».

L'artista invece evoca Pasolini: «Quando scrisse della scomparsa delle lucciole denunciava il cambiamento di rapporto tra uomo e natura. E noi che ci siamo svenduti». In che senso Tosatti? «Eravamo una civiltà di edificatori, abbiamo costruito grandi storie che adesso stiamo distruggendo. Ma forse erano sogni non sostenibili, e non siamo stati abbastanza crudeli da dircelo quando eravamo ancora in tempo per fermarci». Ovviamente non sta parlando solo di era Covid?

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«Siamo di fronte a una malattia i cui sintomi sono le guerre, l'inquinamento, le migrazioni, la crisi economica. Il Covid è uno degli aspetti di un male più profondo». Quindi è necessario un cambiamento radicale? «Non so se siamo realmente disposti a cambiare, a riprendere la strada della sostenibilità che ha fatto vivere grandi stagioni all'umanità». E la sua opera può indicare la via giusta? «La strada è già evidente, la mia opera non fa altro che rimarcarla. Perché l'arte è uno specchio fedele della realtà, però la mostra senza confusione».

Le sue installazioni sono sempre molto teatralizzate, come lo scenario di un'azione che si è compiuta o che deve ancora avvenire. Anche questa volta sarà predominante questo senso poetico di sospensione? «Credo di sì. Sarà un'unica installazione ambientale di 2000 metri quadri (forse l'opera più grande mai presentata alla Biennale), spazio necessario per far fare alle persone un viaggio nella storia della notte - il nostro passato industriale - e nel destino delle comete che guardano con speranza al futuro. Perché, come diceva la Ortese, Disegnare una via d'uscita dal buio è un dovere di ferro».
 

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