Il gender gap nella musica, Nuovo Imaie: dominano le voci maschili, ma le cantanti generano maggiore valore economico

La direttrice generale Maila Sansaini: «Segnali positivi da giovani e over»

Il gender gap nella musica, Nuovo Imaie: dominano le voci maschili, ma le cantanti generano maggiore valore economico
di Simona Antonucci
Mercoledì 21 Febbraio 2024, 12:35 - Ultimo agg. 22 Febbraio, 07:00
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Una su mille ce la fa...”. Angelina Mango si è aggiudicata l’ultima edizione del Festival di Sanremo, irrompendo, con una scatenata cumbia, nella “noia” di un ballo tutto al maschile durato dieci anni: l’ultima donna a salire sul podio, prima di lei, era stata Arisa, con Controvento, nel 2014.

Indice del riconoscimento che il mondo della discografia riserva alle interpreti femminili: poche rose e tante spine, nonostante la kermesse dei fiori abbia spalancato il suo sipario nel 1951 proprio con la vittoria di una signora, Nilla Pizzi.

L’ACUTO

Nuovo Imaie, collecting fondata e governata da artisti che gestisce diritti connessi agli interpreti esecutori, pari a quasi 118 milioni di euro tra il 2010 e il 2023 (gli autori fanno riferimento alla Siae), ha appena pubblicato una ricerca aggiornata sull’impiego delle donne nell’industria musicale dal 1947 ad oggi, lanciando un acuto contro il profondo divario tra generi nel settore: quelle che “ce la fanno” sono otto su cento. Anche se piacciono di più. Da un piccolo 7,44% di ruoli primari interpretati da donne il valore economico generato è più che doppio, pari al 16,78%. E sulla fascia d’età che premia le donne, tra i 18 e i 34 anni, si passa addirittura al 32,06%. Ma nonostante la musica femminile incontri i gusti del mercato, le voci dominanti sono maschili. Entrando nel dettaglio dello studio che ha preso in esame 765.789 registrazioni musicali in 116 Paesi, per scongiurare lo sconforto verrebbe da cantare, assieme a La Rappresentante di Lista, “Con la testa, con il cuore, Ciao ciao”: i ruoli da comprimari femminili (con i nomi nei credits) sono 93.872 (9,46%) contro gli 898.938 (90,54%). Mentre per gli incarichi da primari (il nome in copertina), le donne ne ricoprono 136.088 (7,44%) e gli uomini 1.692.000 (92,56%). In totale, le parti maschili sono 2.590.938 (91.85%) a fronte dei 229.960 (8,15%) di quelle femminili. “Dammi una lametta che mi taglio le vene”, minacciava nel 1982 Donatella Rettore. Sì. «Anche se da allora qualcosina si muove, ma lentamente», spiega la direttrice generale di Nuovo Imaie, Maila Sansaini, «se le musiciste e le cantanti nel trentennio 1947/1979 erano il 5,57, negli ultimi 17 anni il tesoretto è arrivato all’8,76. Ma parliamo di briciole. Per un rapporto più significativo quanto bisognerà aspettare?». Jo Squillo e Sabrina Salerno si sono sgolate, era il 1991, ricordando “Siamo donne, oltre le gambe c’è di più”, ma il trend «procede secondo standard che non dovrebbero appartenere alle società contemporanee», aggiunge Sansaini, «né alla musica che è l’espressione culturale più libera.

Che purtroppo, però, è ancora gestita da uomini. Ci siamo riproposti di scoprire, con la Siae, quante siano le autrici, ma siamo sicuri che il risultato sarà altrettanto desolante».

Maila Sansaini

L’ANAGRAFE

Al peggio sembra non ci sia fine. L’elaborazione dei dati suddivisi per fasce d’età mette in evidenza una discriminazione di genere, ancora più inquietante, legata all’anagrafe. Fino a 17 anni i ruoli da primarie arrivano a 2.149 (10,93%). Largo alle giovani, per poi scoprire che non potranno diventare grandi. Aveva ragione Loredana Bertè quando strillava forte: «Non sono una signora. Ma una per cui la guerra non è mai finita». La battaglia, infatti, con l’avanzare degli anni, diventa feroce. La forbice donna-uomo comincia a divaricarsi drammaticamente dai 18 ai 34 anni per raggiungere dimensioni sempre più significative dai 35 ai 54. Solo dopo i 67 anni si avverte un leggero miglioramento. «Questi numeri», continua la direttrice, «confermano la narrazione. Tra i ragazzi, la quota rosa è più alta. Ed è un segnale positivo. Ma tra 33 e 55 anni quando la giovinezza sfiorisce, si ripiomba nel baratro. Bisogna aspettare la terza età, per ritrovare presenze femminili in crescita. Dopo che hai già fatto la moglie, la mamma e la nonna, puoi esporti liberamente. E magari permetterti di tornare sull’onda e cantare con Fedez, come ha fatto Orietta Berti». La Berti, come la Bertè, naturalmente Mina, Vanoni, ma anche Mannoia, Pausini, Nannini o Noemi giocano in una categoria a parte, quella delle fuoriclasse. Cui si aggiungono un po’ alla volta, alcuni nuovi talenti: la presenza di Levante è costante, Madame e Ariete reggono. Volano Angelina Mango e Annalisa. Decollano invece a fatica le interpreti di rap e trap (Anna è un caso a sé con la scalata vertiginosa su Spotify). «Il problema è che le donne non possono fallire», conclude la manager, «gli uomini arrivano tutti, anche permettendosi degli errori. Le donne che ce la fanno sono eccellenze assolute e poi, sì, restano sul mercato per sempre. Ma la vera parità sarebbe quella di aver diritto alla normalità». Sì, ma “quando, quando, quando...”.

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