Napoli, gli industriali attaccano De Luca: «Basta un uomo solo al comando»

Napoli, gli industriali attaccano De Luca: «Basta un uomo solo al comando»
di Nando Santonastaso
Martedì 29 Giugno 2021, 23:59 - Ultimo agg. 1 Luglio, 08:36
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La stagione dell’uomo solo al comando della Regione Campania non può durare oltre. Ha funzionato nella fase più drammatica dell’emergenza sanitaria, riconosce Maurizio Manfellotto, presidente dell’Unione Industriali di Napoli nella relazione che apre ieri mattina da Palazzo Partanna l’Assemblea privata dell’Associazione. Ma un conto, spiega il patron di Hitachi Rail, è ammettere che «la ricetta proposta dal presidente De Luca», quella appunto «dell’uomo solo al comando, può aver contribuito ad accelerare decisioni drammatiche quanto urgenti, prese nel superiore interesse della salute pubblica». 

Un altro conto è se «questo modo di procedere, anacronistico in tempi di affascinante complessità come quelli che stiamo attraversando, dovesse prolungarsi anche nella fase della ripartenza e della ricostruzione». Sarebbe “sconcertante”, dice senza peli sulla lingua Manfellotto. È il passaggio più duro, forse, dell’intero testo ma non giunge del tutto inaspettato se si considera che in tutte le sue uscite pubbliche (rare), nelle interviste e negli interventi ai webinar di questi ultimi mesi, il presidente non ha mai nascosto la preoccupazione e l’amarezza per la mancanza di confronto concreto e continuo con la Regione e il suo presidente. 

L’Unione Industriali aveva anche messo in campo la sua disponibilità ad accompagnare sul piano progettuale le scelte e gli interventi degli enti territoriali, Regione in testa, per dare ulteriori certezze alla spesa delle risorse del Pnrr ma a quanto pare la distanza è rimasta. «La prassi invalsa è di concepire il confronto solo come un adempimento formale, che serva ad avallare, a consuntivo, scelte già assunte» dice ancora Manfellotto.

E aggiunge: «Non possiamo accettarla, né con Palazzo Santa Lucia, né con altri livelli istituzionali!». Di sicuro non “rischia” di accadere tutto questo con la ministra del Sud Mara Carfagna che proprio nell’ultima intervista al Mattino ha annunciato l’intenzione di realizzare un Contratto istituzionale di sviluppo per l’area di Napoli Est e di Pompei su cui da tempo si concentra l’interesse anche progettuale degli imprenditori napoletani. Qui, insomma, il feeling è nato e sta procedendo, a quanto pare, alacremente.

È forse anche per questo che la polemica sollevata ieri dal presidente degli industriali, in un contesto solitamente molto attento alle dinamiche dei rapporti istituzionali, fa decisamente notizia. Manfellotto avverte una sorta di tradimento di regole e princìpi sul partenariato pubblico-privato che non esita a sottolinearlo: «Il Codice europeo di condotta sul partenariato ha stabilito, fin dal vecchio ciclo di programmazione dei fondi strutturali e di investimento, che le associazioni imprenditoriali vengano coinvolte “nella pianificazione, attuazione, monitoraggio e valutazione dei progetti”. Se, in passato, si è sostanzialmente venuto meno a questo principio, fondamentale per valorizzare al massimo l’impatto dei fondi, non potrà assolutamente accadere nel prossimo futuro».

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Il dialogo, insomma, va assolutamente ripreso e allargato, fatto diventare «adeguato, costante e produttivo» e non limitato ai pochi assessori con cui è già in atto, i soli Marchiello, Fascione, Casucci che Manfellotto non a caso cita espressamente. Il nocciolo è che le imprese chiedono di poter partecipare da protagoniste, come in fondo dovrebbe essere in ogni circostanza, alle sfide che attendono Napoli e la Campania. E che non sia più il caso di tergiversare, gli industriali di Napoli lo spiegano - attraverso Manfellotto - con poche ma piccate esemplificazioni: «Il confronto servirebbe anche al governo regionale: la Campania è ultima tra le regioni italiane nella graduatoria 2021 dell’indice EQI, che misura la qualità dei servizi pubblici. Sono dati, questi, che non ci interessano soltanto come cittadini, ma anche come imprenditori». C’è anche un forte richiamo alla centralità dell’impresa industriale, in questa sfida: la Campania, prima al Sud nel manifatturiero, ha visto crescere l’export di alcuni settori trainanti come il farmaceutico e l’alimentare, secondo l’ultima rilevazione dell’Istituto Tagliacarne. E in ogni caso è da qui, dal sistema delle imprese, e dalla loro progettualità, che passa la strada del rafforzamento degli investimenti pubblici «e ancor di più di quelli privati» per irrobustire il tessuto produttivo e creare «occupazione di qualità», a partire da giovani e donne.

«La crescita del Sud è una necessità, lo ribadisco, non una opzione sul campo!» insiste Manfellotto. Che ricorda come «l’Italia ha visto salire il suo già elevatissimo debito pubblico dal 134,6% del Pil del 2019 al 157,5% del 2020. Prima o poi questa cambiale va onorata! E il rapporto tra debito pubblico e pil si riequilibra aumentando il tasso di occupazione meridionale, portandolo almeno a oltre il 60%, perché solo così il tasso medio arriverà al 70%, il minimo per il riequilibrio». 

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