Enti locali verso il crac, salva Comuni in salita: il Tesoro pianta paletti

Enti locali verso il crac, salva Comuni in salita: il Tesoro pianta paletti
di Adolfo Pappalardo
Sabato 22 Maggio 2021, 08:00 - Ultimo agg. 18:26
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Il nodo dei comuni a rischio o già quasi in default rimane. E non bastano i 500 milioni previsti nel decreto di due giorni fa senza una manovra da un peso maggiore. «Ma la strada rimane in salita e non riguarda solo i comuni al voto», dicono dal Mef pur al lavoro per cercare una soluzione. Un problema enorme sollevato da settimane ma che, qualche giorno fa, ha avuto una eco insperata dopo la rinuncia dell'ex ministro Manfredi a candidarsi a Napoli per il centrosinistra. «Più che un sindaco serve un commissario liquidatore», è stata la chiusa delle missiva pubblica con cui spiegava e dettagliava le ragioni della sua rinuncia. E un maxi-buco di circa 5 miliardi, come quello di palazzo San Giacomo, è stato un freno alle sue aspirazioni.

In totale sono circa 1400, su 8mila, i comuni italiani che devono fare i conti con l'ultima sentenza della Corte Costituzionale che cancella la possibilità di restituire in trent'anni anticipazioni di liquidità concesse per pagare i fornitori.

E così tante amministrazioni dovranno tagliare i servizi. Una decisione, quella della Consulta, che ha aggravato una situazione già grave. 

«Tanti sindaci devono gestire situazioni di dissesto finanziario che non dipendono da loro. Non è facile», premette il presidente dell'Anci Antonio Decaro elencando le difficoltà bipartisan a trovare candidati per le prossime comunali. E lancia l'allarme: «Oggi i comuni in sofferenza finanziaria sono tanti. E oltre a quelli in predissesto e dissesto ce ne sono 1400 su 8mila che a seguito di una sentenza che ha annullato una norma del 2019 rischiano il default. In questi casi, se lo Stato non interverrà, chi si candiderà dovrà gestire una situazione di crisi». Eccolo il punto nodale su cui da giorni al Mef sono al lavoro.

«C'è assoluta consapevolezza del problema che però non può essere risolto con una norma o un codicillo visto l'importo finanziario enorme di cui parliamo. Ci sono situazioni - dicono fonti autorevoli del Mef - particolari venute ora a galla perché interessa molti comuni alla vigilia del voto ma ve ne sono ancora tantissimi altri. Rimane la volontà di studiare una soluzione ma dobbiamo renderci conto che in questo momento la strada di un deficit ulteriore per le casse dello Stato rimane impercorribile. Serve invece qualcosa di organico e graduale a cui stiamo lavorando in questi giorni». Insomma la situazione rimane grave e non è prevista a breve una soluzione secondo alcuni tecnici del ministero dell'Economia. E la manovra di venerdì in Consiglio dei ministri per ora rimane solo una minima boccata d'ossigeno per i comuni, Napoli in primis, in difficoltà finanziaria.

Per ora, infatti, ci sono appena 500 milioni di liquidità per tutti i comuni italiani in deficit strutturale e la possibilità di rinviare di due mesi, dal 31 maggio al 31 luglio, i termini per l'approvazione dei bilanci. 

«La recente sentenza della Corte Costituzionale ha evidenziato un'anomalia, curata male nel 2015, su cui sarà certamente necessario intervenire nuovamente. Lo faremo, nel rispetto dei rilievi della Corte. Con le forze politiche presenti in Parlamento, ed assieme ad Anci e Upi, stiamo individuando la strada corretta, che consenta agli Enti Locali di uscire da questa fase di criticità», ha spiegato la viceministra grillina all'Economia Laura Castelli che ha la delega agli enti locali commentando le misure contenute nel decreto Ristori di due giorni fa.

Per ora c'è comunque da dire che sul problema c'è un'attenzione bipartisan al tavolo con le forze politiche organizzato proprio dalla Castelli sul problema. Bisogna però aspettare. Anche se, per ora, rimane in piedi l'unica possibilità dell'accollo dei debiti da parte dello Stato. In questo senso c'è giù una norma del 2019 (articolo 33 del decreto legge 162) che avrebbe bisogno di una nuova norma attuativa ministeriale. L'unica strada che sembra si possa percorrere a breve. In pratica è lo Stato che prende tutti i debiti e rinegozia gli interessi con i creditori. In questo modo i Comuni pagano lo stato direttamente o sceglie la strada della riduzione dei trasferimenti statali. E già così, calcolano al Mef, si taglierebbero gli interessi annuali: da circa 1,8 miliardi a 900 milioni. 

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