Fondi ricerca, gli atenei del Sud denunciano il bando del Recovery plan

Fondi ricerca, gli atenei del Sud denunciano il bando del Recovery plan
di Marco Esposito
Lunedì 2 Maggio 2022, 23:57 - Ultimo agg. 3 Maggio, 15:59
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Sarà un giudice a stabilire se il 40% di 742 milioni fa 218 milioni, come pretende il ministero della Ricerca. Basterebbe una calcolatrice per sapere che i milioni sono 296, cioè 78 in più. Ma in Italia capita che tocchi a un tribunale persino giudicare un’operazione matematica da seconda media. 

La vicenda è nota ai lettori del Mattino dal 5 febbraio scorso. Il ministero della Ricerca ha scritto, ritirato, riscritto, cancellato ancora e poi infine pubblicato il bando da 742 milioni per i Prin, Progetti di ricerca di rilevante interesse nazionale. Il bando fa parte del Pnrr, per cui si applica la regola del 40% riservata al Mezzogiorno; tuttavia nel testo del bando si traduce tale cifra in soli 218 milioni, cioè il 29% di 742.

Dopo le polemiche giornalistiche la ministra Maria Cristina Messa, in Parlamento, ha spiegato che solo una parte del bando Prin è finanziata con soldi del Pnrr. Una giustificazione poco convincente, perché tutti i progetti presentati al bando devono seguire la specifica contabilità del Pnrr; per cui è partito un ricorso promosso da quindici professori universitari di cinque atenei del Sud, consegnato al Tar del Lazio dall’avvocato Andrea Abbamonte. Primo firmatario è Sandro Staiano, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza della Federico II. Sono rappresentate anche la Vanvitelli di Caserta, la Aldo Moro di Bari, la Salento di Lecce e l’Università dell’Aquila. 

Le argomentazioni dei ricorrenti sono, in fondo, piuttosto banali: il bando Prin 2022 è chiaramente inserito nella programmazione del Pnrr e il decreto legge 77/2021 all’articolo 2 comma 6 bis prevede che almeno il 40% delle risorse di ciascun bando, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato al Mezzogiorno.

Più interessante è la memoria difensiva firmata per conto del ministero della Ricerca dal direttore generale Vincenzo Di Felice. L’alto burocrate pubblica la tabella del Pnrr dalla quale si legge che per i Prin la cifra in miliardi di euro è «1,80» che Di Felice traduce (scrivendo «come si ricava facilmente») in «valore di euro 1 miliardo e 80 milioni» dimostrando di non sapere neanche come si leggono le cifre decimali e bruciando (per fortuna virtualmente) 720 milioni in mezza riga. Una svista, si dirà; solo che il burocrate del ministero della Ricerca è così convinto che 1,80 miliardi siano «1 miliardo e 80 milioni» da ripeterlo per altre due volte nella pagina successiva. In compenso si dimentica di portare un solo documento a sostegno della tesi di Messa del finanziamento del Prin estraneo al Pnrr. Anzi: a conferma che la percentuale del 40% non è stata rispettata, annuncia l’arrivo di un prossimo bando Prin da 420 milioni che «prevederà un’espressa e specifica riserva per il Sud pari al 50% dello stanziamento complessivo». 

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Una mossa poco astuta per due ragioni: la prima è che si ammette in questo modo che sul 40% si è sbagliato, promettendo un recupero altrimenti ingiustificabile (sarebbe il Nord a protestare); la seconda è che il 50% su 420 milioni sana solo in parte il 29% su 742 milioni. In pratica il ministero sta annunciando che con il secondo bando Prin porterà la media della quota Mezzogiorno al 37% e cioè ancora una volta in violazione della legge. Chicca finale è la tesi che «statisticamente le unità con sede operativa al sud sono in numero inferiore al 40%» e quindi è «ragionevole ritenere che non sia stato leso alcun interesse legittimo in astratto dei ricorrenti con sede operativa al sud» come se la novità del Pnrr e la riserva del 40% non potesse aver spinto più atenei meridionali del solito a presentare domanda.

Dopo aver letto l’acrobatica difesa del ministero, le università del Sud hanno chiesto al Tar del Lazio di andare direttamente all’udienza di merito, rinunciando alla sospensiva. Un modo per dare al governo il tempo di correggere in autotutela i propri svarioni, legali e matematici. 

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