Lombardia in testa nella perdita di talenti ma li recupera dal Sud

In tutte le Regioni italiane è in rosso il saldo con l'estero di giovani laureati

La fuga dei laureati
La fuga dei laureati
di Marco Esposito
Sabato 3 Giugno 2023, 08:03 - Ultimo agg. 10:38
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Una cosa in comune in Italia c'è. La ricca Lombardia e la povera Calabria, il dinamico Veneto e la rilassata Campania, la piccola Valle d'Aosta e l'inesistente Molise: tutte ma proprio tutte le Regioni italiane comprese le province autonome di Trento e Bolzano perdono giovani laureati nel saldo con l'estero, cioè considerando la differenza tra chi espatria e chi entra (o rientra). Quando l'Istat quest'anno ha tirato le somme di un decennio di saldi migratori con l'estero (2012-2021), per i laureati di 25-34 anni non c'è partita: ventuno risultati territoriali negativi su ventuno. Chi parte e lascia l'Italia per l'estero è ovunque di più di chi arriva, con una perdita complessiva di talenti per il Paese di 79.162 unità, di cui 14.534 usciti dalla Lombardia, che pure dovrebbe essere la più attrattiva regione del Paese. Insieme a Veneto (meno 7.272 laureati) e ad Emilia Romagna (meno 4.506) il bilancio negativo delle tre Regioni che si autodefiniscono locomotiva meritevole di poteri differenziati sfiora le ventimila teste pensanti, più di quanto abbiano perso insieme le sei regioni dell'Italia meridionale. Le mete? Soprattutto Regno Unito (anche dopo la Brexit), Germania, Svizzera, Francia e Spagna. E non manca chi va più lontano, dagli Usa, all'Australia, al Brasile.

Il fatto che persino l'area più dinamica nel Paese soffra un grave deficit di talenti dovrebbe essere tema in cima all'agenda di qualsiasi governo, senza che debba ricordarsene il presidente della Repubblica. Se non accade, una ragione c'è, come si dirà. Ma intanto sono i numeri di Eurostat a mostrare la disattenzione dell'Italia sul punto. Infatti la via più diretta per attirare giovani laureati consiste nel favorire l'arrivo di studenti stranieri nelle proprie università, peraltro in Italia in fase di calo di matricole. La Francia ha da anni uno specifico programma che si chiama Choose France, cioè "Scegli Francia" ma detto in inglese, cedimento che deve essere costato non poco agli orgogliosi transalpini. Tuttavia l'obiettivo di raggiungere entro il 2027 i 500mila iscritti stranieri nelle proprie università era troppo ambizioso per farsi frenare dallo sciovinismo. Difficile dire se la Francia ce la farà, visto che in base alla rilevazione del 2021 era a metà strada con 253mila iscritti, poco oltre i 230mila del 2018, quando "Choose France" è stato lanciato da Emmanuel Macron. Di recente il piano è stato focalizzato sull'India con l'obiettivo di attrarre 20mila studenti dal Paese più popoloso del mondo entro il 2025. La Germania tuttavia resta prima nella Ue con un aumento da 312mila a 376mila. Ottimi anche i numeri dell'Olanda, i cui studenti internazionali sono aumentati da 105mila a 136mila. E l'Italia? L'assenza di politiche di attrazione è evidente: nel medesimo periodo (2018-2021) gli studenti stranieri iscritti nei nostri atenei si sono ridotti da 106mila a 72mila. Non soltanto è aumentata a dismisura la distanza da Francia e Germania ma in tre anni la rete di Università italiane è stata raggiunta e superata nella Ue da quelle di Spagna, Austria e Polonia.
Tale passività è troppo evidente per non avere una spiegazione e la ragione in effetti c'è e si chiama "divario Nord-Sud".

Se l'Italia fosse tutta più o meno allo stesso livello, nell'economia, nei servizi così come nelle scelte dei laureati, il Paese cercherebbe tutto insieme una strada per recuperare posizioni internazionali. Tuttavia il Mezzogiorno è da tempo, e lo è diventato ancora di più negli ultimi anni, un serbatoio di capitale umano qualificato per il Nord del Paese e in particolare per Lombardia ed Emilia Romagna, per cui non c'è una vera ragione di andare in giro nel mondo a dire "Scegli Italia" o "Choose Italy" perché è sufficiente che campani, siciliani, pugliesi e calabresi scelgano più o meno spontaneamente di trasferirsi nella valle Padana.

I numeri Istat sulle migrazioni di laureati sono chiarissimi. La Lombardia in dieci anni, come si è detto, ha perso verso l'estero 14.524 laureati ma nello stesso periodo sono migrati dal Sud in 68.380. Quindi per ogni giovane laureato lombardo fuggito ne sono arrivati quasi cinque meridionali. In Emilia Romagna il rapporto è ancora più favorevole: ognuno dei 4.506 talenti emiliani perduti per l'estero è stato compensato da ben sette laureati nati nel Mezzogiorno, per un totale di 31.445 ingressi. E che siano arrivi da Sud è indubbio se si legge il saldo negativo del bilancio interno dei laureati di 25-34 anni (sempre nel decennio 2012-2021). L'emorragia maggiore è dalla Campania con meno 36.251 seguita dalla Sicilia con meno 29.976, dalla Puglia con meno 28.367 e dalla Calabria con meno 17.668. Flussi in uscita che si sommano a quelli che dalle regioni del Sud si muovono direttamente verso l'estero. Il totale per il Mezzogiorno di laureati persi perciò è spaventoso: 157mila cervelli fuggiti.
Questa è la prova diretta che i divari territoriali italiani sono disastrosi al Sud e narcotizzano il Nord con danni per tutti. Una volta interrotto il metadone dei meridionali che, a spese delle proprie famiglie d'origine va a studiare e a lavorare al Nord, infatti, l'Italia potrebbe giocare le proprie carte internazionali per diventare attrattiva o, almeno, per puntare al saldo zero dei talenti. Senza dimenticare mai che il mondo ideale è quello con saldi migratori tra entrate e uscite nullo; ma non nel senso che non si muove nessuno, bensì che ci siano molti talenti in libera e feconda circolazione.
 

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