Disfida della mozzarella. Coldiretti: «Dop più vasto» Il Consorzio per ora frena

Adesso il marchio vale per un produttore di Roma e non di Napoli o di Benevento

Al centro, l'assessore Caputo
Al centro, l'assessore Caputo
di Nando Santonastaso
Domenica 16 Aprile 2023, 09:10 - Ultimo agg. 17 Aprile, 09:55
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La Regione Campania, con il sostegno della Coldiretti, vuole ampliare l'area che delimita gli attuali confini della Mozzarella di bufala campana Dop. Il Consorzio di tutela frena, pur dicendosi disponibile ad affrontare la questione purché su basi di inoppugnabili verità scientifiche. È quasi un botta e risposa a distanza quello che si consuma ieri sui nuovi, possibili scenari geografici del caratteristico formaggio fresco a pasta filata che proprio nel 2022 ha registrato il maggiore incremento di produzione tra quelli della sua "categoria" in Italia. È stato l'assessore regionale all'Agricoltura Nicola Caputo, intervenendo al convegno di apertura di Campanialleva Expo 2023, a sostenere che è tempo di aprire una riflessione sull'areale della mozzarella di bufala campana Dop, sottolineando la necessità di spingere la crescita di un prodotto ormai bandiera del made in Italy, ma che viene prodotto praticamente in due province, Caserta e Salerno, e solo in alcuni Comuni di Napoli e Benevento.

Troppo poco, secondo questa tesi, per giustificare la denominazione "campana" che peraltro segue l'area Dop anche in Molise, nel basso Lazio e in parte della provincia di Foggia. Per la Coldiretti, «i numeri dicono che la possibilità di crescita del comparto è ancora ampia», come dimostra il trend positivo degli ultimi anni, certificato proprio dal Consorzio di Tutela in occasione della presentazione a inizio anno dell'Osservatorio sulla Mozzarella di bufala campana Dop promosso in collaborazione con Prometeia e UniCredit.
Per ora un'ipotesi ufficiale di nuova delimitazione dell'area della Dop non è stata ancora formulata dalla Regione. Ma si dà per certo che l'obiettivo più concreto prevederebbe l'allargamento all'intera provincia di Benevento, attualmente limitata ai soli Comuni di Limatola, Dugenta e Amorosi. In realtà, il progetto allo studio punterebbe all'estensione del perimetro all'intera Campania. Un salto territoriale a dir poco vistoso considerato che attualmente la Mozzarella di bufala campana Dop si può produrre nella regione solo in tutti i Comuni delle province di Caserta e di Salerno, in una parte della provincia di Napoli (Acerra, Giugliano, Pozzuoli, Qualiano, Arzano, Cardito, Frattamaggiore, Frattaminore e Mugnano) e nei tre Comuni sanniti. Nel Molise c'è Venafro, in Puglia una parte dei Comuni della provincia di Foggia mentre il Lazio partecipa all'area Dop con una quota di centri delle province di Latina e Frosinone ma anche con la capitale d'Italia Roma (una scelta che sembrò già all'epoca bizzarra ma che evidentemente teneva conto di compromessi geopolitici).
«Non ne abbiamo mai discusso pubblicamente, l'assessore non ci ha mai chiesto finora di approfondire la proposta attorno ad un tavolo» dice il presidente del Consorzio di Tutela Domenico Raimondo.

E aggiunge: «Di sicuro, il Consorzio è l'unico ente deputato ad eventuali modifiche del disciplinare della Dop e, a differenza degli altri Consorzi italiani di settore, è l'unico ad avere un Comitato paritetico del quale fanno parte sia gli allevatori che i trasformatori. È il Comitato che può proporre al Consiglio del Consorzio eventuali modifiche, non altri.

In caso di approvazione da parte del Consorzio, il deliberato viene trasmesso alle Regioni che fanno parte dell'area Dop e successivamente al ministero delle Politiche Agricole che a sua volta lo invia a Bruxelles cui spetta la decisione definitiva: il parere delle Regioni, infatti, non è nemmeno vincolante».



Insomma, questo è l'iter previsto dalla legge sul cui rispetto ogni fuga in avanti peserebbe non poco. Ma al di là delle questioni di metodo e di procedura, che pure hanno un peso, il nocciolo della questione sembra essere un altro: in base a quali valutazioni scientifiche, e dunque non puramente economiche, si potrebbe ragionare di un ampliamento dell'area della Dop. «Se la presenza delle bufale è stata storicamente individuata tra la piana del Sele e quella del Volturno e non è mai stata estesa ad altri territori, come l'intera provincia di Benevento o di Avellino, è perché non c'erano le condizioni ambientali, di terreno, di umidità, di disponibilità di acqua e così via che avrebbero potuto consentirlo. Ragionare senza tener conto di questi fattori naturali, codificati da millenni, è sicuramente un limite», risponde Raimondo.

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E insiste: «Sostenere, al contrario, che sia stato esagerato estendere l'area Dop anche al Basso Lazio vuol dire non conoscere bene la storia della mozzarella di bufala Dop: gli allevatori della provincia di Caserta, tra Castelvolturno e Cancello e Arnone, ad inizio secolo facevano la transumanza delle bufale in quelle zone, proprio come accade con le pecore. Per questo le bufale si sono per così dire insediate anche nelle province d Latina e Frosinone».

Il Consorzio non chiude però pregiudizialmente all'ipotesi di una modifica dell'area. Anche perché qualcosa di anomalo nell'attuale perimetrazione c'è. Lo dice lo stesso Ramondo: «Un caseificio di Montoro Inferiore, in provincia di Avellino, viene a prendere il latte a Paestum, dunque in area Dop, ma non può utilizzare la denominazione protetta perché Montoro pur essendo a un tiro di schioppo da Fisciano, in provincia di Salerno, non rientra nell'area del disciplinare. E sicuramente è un paradosso». Un motivo in più per discuterne e magari inserire all'ordine del giorno un altro singolare argomento su cui spinge sempre Coldiretti: la revisione del disciplinare per la pezzatura che esclude ad esempio la famosa "zizzona di Battipaglia", il cui peso, superiore ai 3 kg, è troppo alto rispetto agli 800 grammi previsti dalla Dop.
 

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