Mucche munte dai robot ed energia per le famiglie: dal Sud la sfida Benetton

A Caserta la stalla 4.0 di «Cirio Agricola». Dalla bonifica ricavato un parco fotovoltaico

Mucche spazzolate
Mucche spazzolate
di Nando Santonastaso
Domenica 23 Aprile 2023, 08:50 - Ultimo agg. 13:12
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I mungitori di una volta, 24ore al giorno di lavoro difficile e usurante per 365 giorni all'anno, si fa sempre più fatica a trovarli, un po' in tutta Italia. E cercarne di nuovi è ormai impossibile e forse anche inutile. «Oggi servono giovani laureati capaci di conoscere e gestire sistemi robotizzati anche in stalla» dice Andrea Benetton, presidente di Cirio Agricola, la storica azienda di Piana di Monte Verna, a un tiro di schioppo da Caserta, rilevata dal gruppo veneto nel 2005 e diventata la prima in Italia per produzione di latte di alta qualità in un solo sito (a fine 2023 ne sono previsti ben 23 milioni di litri).

Parole suffragate dai fatti perché i robot qui sono di casa già da qualche tempo: è a fine 2021 che è entrata infatti in produzione la stalla automatizzata più grande d'Italia.

Gli animali (1.800 vacche in produzione su un totale di 4.200 capi bovini da latte presenti nell'allevamento) arrivano volontariamente nella postazione di munta, "assistiti" completamente da una tecnologia 4.0 all'avanguardia e capace di gestire circa 800 vacche in lattazione. Ma nella nuova giostra di mungitura, che sta per entrare in funzione, si arriverà a mungere anche 1.300-1.400 capi al giorno.


Il sistema, ovviamente è integrato ad un percorso altrettanto tecnologico di preparazione e distribuzione degli alimenti per gli animali, ovvero il foraggio che proviene dai 565 ettari dei due "corpi di terra" di Cirio agricola, le tenute La Fagianeria e i Totari. Risparmio di costi enorme, certo, ma non solo. «La robotica ci permette in tempo reale anche di capire se l'animale non rispetta il volume produttivo previsto e di intervenire per scoprire e curare subito i suoi problemi», dice Benetton, presidente anche di Maccarese, l'altra grande azienda di famiglia nei pressi di Roma, lui che prima di interessarsi di allevamenti, stalle e latte si occupava di cosmesi e lavorava negli Usa.

Per realizzare tutto ciò è stato decisivo l'approdo ai finanziamenti di Industria 4.0, una delle opportunità finora ancora poco esplorate dalle imprese del Mezzogiorno (non a caso la quota maggiore dei finanziamenti è appannaggio delle aziende del Nord). Ma di suo, dal 2005, l'azienda ci ha messo finora ben 60 milioni di investimenti, più di un terzo dei quali finalizzati ad una sostenibilità energetica di alto profilo. Cirio agricola dispone, infatti, di un parco fotovoltaico su copertura ricavato dalla riqualificazione delle stalle dopo una bonifica di oltre 200 mila metri quadrati di eternit, per una potenza pari a 8,7 MWp, e di due impianti a biogas con una potenza complessiva di circa 1,0 MWp: «Queste fonti oggi producono circa 18 milioni di kWh all'anno di energia elettrica "green" che ci permettono di essere autosufficienti sul piano energetico e di coprire i consumi di circa 5.000 famiglie del territorio», spiega Benetton. Che ha sposato in pieno anche le esigenze di economia circolare diventate stringenti soprattutto negli ultimi tempi a livello globale. In concreto, grazie all'installazione di un essiccatoio a valle dei due impianti a biogas, alimentato con il calore recuperato dei suoi motori, asciuga e sanifica la parte solida del digestato proveniente dagli impianti di biogas - dove entrano nella loro totalità le deiezioni animali che liberano al suo interno il potenziale metanigeno - e le riutilizza come lettiera per le bovine da latte, valorizzando dunque anche i sottoprodotti derivanti dall'attività zootecnica.

Un'ottantina di dipendenti, il 40% della produzione conferito all'industria con il marchio Berna, il resto a trasformatori e distributori di prodotti caseari, Cirio Agricola è già pronta ad un ulteriore step di crescita. «Puntiamo ad uscire dal concetto di commodity per accorciare la filiera. Ovvero, incontrare i consumatori finali», spiega Benetton. Che dal Sud vuole sfornare formaggi e gelati di latte vaccino con il marchio "Fagianeria", utilizzando le risorse per l'accorciamento della filiera (pari a 11 milioni) previste dal Quinto Bando dei Contratti di filiera agroalimentari, varato dallo scorso governo (per un ammontare complessivo di oltre un miliardo di euro) e previsto dal Fondo complementare del Pnrr.

«La crisi globale legata alla diffusione del Covid 19 prima e al conflitto russo-ucraino poi, ha messo a dura prova i produttori di latte vaccino. L'aumento vertiginoso del prezzo delle più importanti commodities agricole è stato compensato solo parzialmente dall'aumento del prezzo di vendita del latte crudo alla stalla, mettendo in crisi il core business aziendale. Gli effetti di questa situazione hanno di conseguenza accelerato la definizione di importanti investimenti come quelli inseriti nel V Bando», sottolinea Benetton. E aggiunge: «Lavoreremo anche in questo caso sull'identità, sulla tracciabilità cioè dei nostri prodotti e del nostro latte, già conosciuto dal consumatore. Non puntare sulla valorizzazione e differenziazione della propria materia prima sarebbe assurdo».
 

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