Rinnovabili, la spinta: più aree ai pannelli solari. Azzerati i tempi di autorizzazione

Resta da sciogliere soltanto il nodo dei paletti che gravano sui terreni agricoli

Rinnovabili, la spinta: più aree ai pannelli solari. Azzerati i tempi di autorizzazione
Rinnovabili, la spinta: più aree ai pannelli solari. Azzerati i tempi di autorizzazione
di Roberta Amoruso
Lunedì 31 Luglio 2023, 00:22 - Ultimo agg. 15:29
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Basta stop e paletti. Dalla Sicilia alla Lombardia, ogni Regione avrà i suoi obbiettivi minimi da raggiungere ogni anno tra installazione di pannelli solari e pale eoliche. Quindi, tra aree bonificate, miniere cessate, zone aeroportuali e impianti delle Ferrovie, aree interne agli stabilimenti industriali, ex aree militari, beni del demanio e terreni agricoli, purché con paletti precisi, il nostro Paese dovrà aggiungere 80 Gigawatt di potenza installata entro il 2023. Questo dice chiaramente il Decreto Aree idonee ancora sul tavolo della Conferenza unificata delle Regioni che prevede una procedura ultra accelerata e autorizzazioni in un giorno per chi investe in nuovi progetti. Il decreto in dieci articoli, che dovrebbe arrivare a una versione definitiva in questi giorni, prima della pausa estiva, stabilisce i criteri generali in base ai quali ogni Regione definirà la sua mappa per il via libera-facile. Nelle altre aree sarà invece prevista la procedura ordinaria. E c’è l’impegno da parte del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, di fare entro fine anno un testo unico su tutte le fonti di energia rinnovabile che faccia chiarezza su tempi autorizzativi e eventuali paletti. Una rotta precisa per spingere al massimo sull’acceleratore nella produzione di energia green. 

L'ostacolo sui terreni

C’è però un nodo da sciogliere nel Decreto del Mase sul quale stanno ancora lavorando i tecnici prima di arrivare alla versione definitiva del testo. Una norma cruciale che, se non modificata, rischia addirittura di bloccare i progetti invece che sbloccarli, avvertono gli operatori. L’articolo 8 del Decreto prevede infatti che per le aree agricole non classificate come “non idonee”, in caso di impianti fotovoltaici standard a terra, la percentuale di utilizzo massimo del suolo agricolo nella disponibilità del soggetto che realizza l’intervento de ve essere «non inferiore al 5% e non superiore al 10%». Si tratta di una percentuale restrittiva che di fatto rischia di rendere inammissibile la grande maggioranza dei progetti. Senza contare che negli ultimi 10 anni norme simili, quando contenuta in Leggi regionali, sono state a più riprese ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale.

Addirittura, alcune sentenze della Corte hanno dichiarato illegittime norme regionali che imponevano una disponibilità di suolo superiore a quella da usare per l’impianto in sè (in alcuni casi si richiedeva una superficie 3 volte superiore, in altri erano stabilite percentuali).

Il problema, ha spiegato al Messaggero Raffaello Giacchetti, presidente dell’associazione GIS - Gruppo Impianti Solari, «è se il decreto fissa davvero una percentuale massima di estensione “areale” dell’impianto, inteso come tutto ciò che è interno alla recinzione senza considerare le aree libere, su un terreno agricolo non coltivato. Questo bloccherebbe sul nascere la progettazione di una quantità enorme di impianti, e senza una ragione tecnica valida». 

I compiti da fare

Ma quali Regione hanno l’asticella più alta da raggiungere? Ebbene per la Toscana si tratta di moltiplicare per oltre 16 volte la potenza istallata al 2030 (fino a 4,2 Gigawatt) rispetto a quella del 2023. Per l’Emilia Romagna il moltiplicatore arriva a 12,6 (6,2 Gigawatt), poco più della Calabria che deve centrare 3,1 Gigawatt. Poi ci sono il Veneto e la Lombardia tra le più sollecitate (rispettivamente con 5,7 Gigawatt dai 569 Megawatt, e con 8,7 Gigawatt da raggiungere rispetto ai 772 Megawatt di partenza), davanti a Piemonte, Sardegna e Basilicata che devono arrivare invece, rispettivamente, a 4,9, 6,2 e 2 Gigawatt (circa otto volte i livelli attuali). Poi c’è la Puglia, che deve superare 7,2 Gigawatt, oltre 10 volte la potenza attuale. Mentre la Sicilia deve raggiungere quasi 10,4 Gigawatt (6,6 volte la potenza di quest’anno), ma se farà tutti i compiti a casa sarà l’area che ha prodotto più rinnovabile del Paese nei prossimi anni, davanti a Lombardia e Puglia. Infine, per il Lazio l’obiettivo è 4,7 Gigawatt (3,5 volte i livelli attuali). Sarà lo stesso ministero dell’Ambiente con il supporto del Gse e dell’Osservatorio sullo sviluppo delle rinnovabili a monitorare annualmente sugli obiettivi.

 

E in caso di raggiungimento degli obiettivi nazionali, le Regioni inadempienti trasferiranno alle Regioni virtuose precise «compensazioni economiche». Compensazioni che, precisa il Decreto che innalza anche le soglie di potenza degli impianti da sottoporre a valutazioni ambientali, «sono finalizzate a realizzare interventi a favore dell’ambiente, del patrimonio culturale e del paesaggio, di valore equivalente al costo di realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili realizzabili nella Regione o Provincia autonoma inadempiente». 

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