Recovery plan per il Sud, ecco i piani di sviluppo: idrogeno, Zes e aree interne

Recovery plan per il Sud, ecco i piani di sviluppo: idrogeno, Zes e aree interne
di Nando Santonastaso
Lunedì 26 Aprile 2021, 23:30 - Ultimo agg. 27 Aprile, 17:18
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Dall’Economia del mare al rilancio delle Aree interne, dall’accelerazione sulle Zes alla ricerca per la produzione di idrogeno come nuova fonte di energia. Fino all’utilizzo del Superbonus al 110% che sembra vedere in queste ultime settimane un certo risveglio anche del Sud (3.200 interventi per 400 milioni, un terzo del totale: effetto, come sottolinea l’Acen di Napoli, dell’avvenuta monetarizzazione del credito fiscale dopo un iniziale scetticismo dovuto anche alla debolezza economica dell’area). 

Nel giorno della presentazione in Parlamento da parte del premier Draghi, affiorano nuovi elementi di valutazione dell’impatto previsto nel Mezzogiorno dalle sei missioni del Pnrr. E cresce il consenso politico all’impostazione del documento, rimodulato in un apposito “capitolo Sud” dal lavoro della ministra Carfagna in collaborazione con altri ministri.

Ne ha sottolineato, ad esempio, il sostanziale miglioramento rispetto al testo prodotto dal governo precedente la viceministra alle Infrastrutture Teresa Bellanova, di Italia Viva, che ha anche condiviso con le unioni territoriali Sud di Confindustria l’urgenza di ripartire dall’Economia del mare. Per i 5 Stelle, il 40% di risorse destinato al Meridione è frutto anche «della pressione politica dei parlamentari del Movimento che in tutte le commissioni parlamentari hanno inserito pareri vincolanti nei confronti del governo» per superare la soglia del 34%. 

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Nel dettaglio delle misure e in attesa di conoscere la loro concreta modalità di attuazione (tra progetti per lotti funzionali, bandi e selezione delle proposte arrivate da Regioni e Comuni) arriva la conferma che sia i 350 milioni previsti per gli Ecosistemi dell’innovazione (la replica del modello di San Giovanni a Teduccio in altre città del Sud) sia i 300 milioni destinati alle strade delle Aree interne sono stati “appostati” tra i circa 30 miliardi del Fondo complementare. Siamo sempre nel perimetro del Pnrr, composto dai 191 miliardi del Next generation Eu e dai 30 miliardi, appunto, di questo Fondo, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio. Risorse aggiuntive, insomma, per cercare di non lasciare a terra troppi progetti (e altrettante speranze locali). In particolare i 300 milioni per la viabilità riportano l’attenzione sulla Strategia per le aree interne, introdotta nel 2014 dalla Legge di Bilancio, ma che stenta a decollare salvo alcune eccezioni. Degli 800 milioni stanziati quell’anno ne risultano spesi finora solo 101, pur essendo previste ben 72 aree interne (con una popolazione che sfiorerebbe il 60% del totale nazionale). Meccanismi di governance particolari, come l’obbligo del voto unanime dei Comuni su ogni progetto, e la difficoltà di procedere a specifici Accordi di programma, hanno rallentato di molto il percorso. Nel Pnrr la ministra per il Sud ha deciso di ridurre da 1,5 miliardi a 900 milioni la quota di risorse destinata alla Strategia replicando alle inevitabili polemiche che il taglio sarà compensato da stanziamenti a valere sul Fondo sviluppo coesione e sui Fondi strutturali europei per altri 900 milioni. Il punto, pare di capire, è che al di là delle risorse bisogna costruire meccanismi decisionali in grado di accelerarne la spesa, considerato che le aree interne resteranno centrali per il rilancio soprattutto del Mezzogiorno. I 900 milioni “rimasti” verranno utilizzati così: 100 milioni per irrobustire sul piano dell’offerta di prestazioni sanitarie il ruolo delle farmacie rurali; 500 milioni per le infrastrutture sociali da realizzare con la logica dei bandi e non più su base unanimistica; e 300 milioni, appunto, per la viabilità. 

I 600 milioni per così dire “mancanti” sono stati assegnati alle opere infrastrutturali necessarie a rendere più attrattive le Zes del Mezzogiorno. Il tema è caldissimo perché, anche dopo l’iniziativa delle unioni territoriali Sud di Confindustria, l’economia del mare dovrebbe assumere un rilievo importante nel Pnrr (e anche dopo). L’approfondimento del governo sul tema, grazie alla sinergia in particolare tra Carfagna e Giovannini, ha prodotto l’assegnazione di circa 1,19 miliardi ai porti meridionali (su un totale di circa 3,5 miliardi): dovranno essere spesi per opere di resilienza al cambiamento climatico, elettrificazione delle banchine, connessioni con ferrovie e strade. Pochi? Di sicuro per molti scali marittimi del Sud sarà fondamentale la capacitò di predisporre progetti cantierabili in tempi ravvicinati. Non sarà semplice, come si intuisce anche dal recente passato, ma sarà la valutazione dei progetti a decidere a chi andranno i soldi. Per le Zes invece si dovrà essere completata la nomina dei commissari straordinari (al Consiglio dei ministri è approdata in queste ore la proposta della Carfagna per la Zes dell’Abruzzo) ai quali, come spiegato anche ieri, saranno attribuiti non solo uno staff tecnico-operativo ma soprattutto il ruolo di unico decisore per le autorizzazioni burocratiche. Una riforma, in altre parole, che dovrebbe riportare le Zone economiche speciali ad una dimensione operativa più visibile e funzionale di quell’attuale. Tre Regioni del Sud infine sembrano in lizza per l’assegnazione delle risorse destinate alla sperimentazione dei centri di produzione dell’idrogeno come nuova fonte alternativa di energia. Sono Sicilia, Sardegna e Puglia con quest’ultima favorita perché ha già puntato sulla riconversione del polo chimico di Brindisi in termini, appunto, di transizione energetica. 

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