Le indagini della Guardia di Finanza e gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate hanno già individuato miliardi di euro di falsi crediti per il rifacimento delle facciate dei palazzi e per il Superbonus del 110 per cento. Ma è molto probabile che negli oltre 100 miliardi di bonus che hanno gonfiato il debito pubblico italiano, di crediti “inesistenti” ce ne siano ancora molti. E adesso il Fisco avrà più tempo per scovarli. È una delle novità del decreto legislativo sull’accertamento e sul concordato biennale preventivo approvato ieri dal consiglio dei ministri. Il primo articolo del provvedimento prevede che per la riscossione dei «crediti inesistenti utilizzati in tutto o in parte» a compensazione delle imposte, l’atto di accertamento potrà essere notificato entro «l’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo». Cosa questo voglia dire lo ha spiegato Maurizio Leo, vice ministro dell’Economia e padre della riforma fiscale del governo Meloni. «Si è previsto», ha detto, «un ampliamento a otto anni per recuperare le patologie nei crediti di imposta». Quali patologie? Le «tante detrazioni poco trasparenti sul versante del Superbonus».
Le mosse del governo
La crociata del governo Meloni contro l’incentivo del 110 per cento insomma, continua.
Il decreto
Nel decreto accertamento l’unico vero bastone è proprio quello usato sui crediti di imposta inesistenti utilizzati per non pagare le imposte. Per il resto il provvedimento delinea un nuovo rapporto di “collaborazione” tra il Fisco e i contribuenti. La principale novità è l’obbligo di contraddittorio. Prima di emettere un atto di accertamento, il Fisco dovrà sentire le ragioni del contribuente e rispondere alle osservazioni che saranno fatte da quest’ultimo. Contestualmente dovrà inviare anche un atto di adesione all’accertamento che, in caso di accettazione da parte del contribuente, permetterà di saldare il debito con il Fisco potendo usufruire degli sconti sulle sanzioni.Un altro passaggio importante contenuto nel provvedimento adottato ieri dal consiglio dei ministri, riguarda l’uso dell’intelligenza artificiale per la lotta all’evasione. Ci sarà un rafforzamento dell’incrocio delle banche dati per stilare elenchi selettivi di contribuenti a rischio evasione da accertare. Saranno utilizzate le informazioni presenti nelle banche dati già a disposizione del Fisco (compresa l’anagrafe dei conti correnti), ma anche quelle pubblicamente disponibili (come l’uso dei social). Gli algoritmi poi, determineranno delle liste di contribuenti in base al rischio fiscale, ossia al rischio di operare colposamente o dolosamente in violazione delle norme tributarie.
Il meccanismo
L’altra grande novità del decreto è il concordato biennale per le Partite Iva. Quasi quattro milioni e mezzo di contribuenti potranno firmare un “patto” con il Fisco che, sempre attraverso l’uso delle banche dati, determinerà quali sono i redditi attesi per i prossimi due anni. Chi accetta il conteggio, non subirà accertamenti nello stesso periodo di tempo. Per chi invece non sottoscrive l’accordo, oppure lo sottoscrive ma fornendo informazioni fuorvianti, ci sarà un controllo rafforzato. Dopo il primo tassello, posto con la “cooperative compliance” per le aziende di grandi dimensioni, questo provvedimento completa la nuova immagine del rapporto «collaborativo e di fiducia» tra amministrazione finanziaria e contribuente, ha spiegato Leo. Che scommette sul concordato preventivo anche per il recupero di nuovo gettito. Le risorse che verranno raccolte «serviranno anche per completare le fasi successive della riforma fiscale», spiega. E l’obiettivo, puntualizza, è che «attraverso l’emersione di questa materia imponibile si possa ulteriormente incidere sulla riduzione delle aliquote Irpef».