Tirrenia via da Napoli, tutti i dipendenti trasferiti in Toscana e a Milano

Tirrenia via da Napoli, tutti i dipendenti trasferiti in Toscana e a Milano
di Antonino Pane
Venerdì 13 Dicembre 2019, 07:30 - Ultimo agg. 15:30
4 Minuti di Lettura

La Tirrenia lascia Napoli. Quello che sembrava un ridimensionamento della sua presenza, in vista della fine della convenzione con il ministero dei Trasporti sulla continuità territoriale con le grandi isole, è diventata una drammatica realtà. Il piano messo a punto dal Gruppo Onorato prevede la chiusura delle sedi di Napoli e Cagliari. La compagnia ha annunciato che non ci saranno tagli del personale, ma trasferimenti in altre sedi sì. Sono ritenuti indispensabili in un piano di riorganizzazione che potrebbe ora anche non bastare.

Dopo 83 anni, dunque, (era il 21 dicembre del 1936 quando fu fondata) Tirrenia dice basta con Napoli. Una scelta contesta subito da Cgil, Cisl e Uil e che riaccende i riflettori su Gruppo Onorato già alle prese con la precaria situazione finanziaria di Moby. Per i 65 dipendenti presenti nella sede di Napoli si prospetta il trasferimento a Portoferraio, Livorno o Milano. Per la città di Napoli, un altro durissimo colpo, dice Amedeo D'Alessio della Filt Cgil. A preoccupare le organizzazioni sindacali sono anche i possibili riflessi della scadenza della convenzione ministeriale che sono stati paventati nel corso del vertice romano di ieri. Dal mese di settembre del prossimo anno potrebbe esserci un esubero del personale navigante.

LEGGI ANCHE I fondi chiedono il fallimento di Moby

Secondo Tirrenia si tratta di una mossa indispensabile in vista del prossimo mese di luglio quando scadrà la convenzione con il ministero dei Trasporti. E anche perché il governo non sembra affatto favorevole ad un rinnovo della convenzione per Sardegna e Sicilia. Insomma dal 2020 nelle casse di Tirrenia non arriveranno più i 72 milioni annui, e questo spiegherebbe in parte il piano di ridimensionamento accompagnato anche dall'annuncio che senza convenzione sarà necessario limare di mille unità l'organico del personale navigante.

Ma cosa è successo? Come mai Tirrenia è passata in soli quattro anni dalla liquidazione ai soci del salvataggio a un robusto piano di ridimensionamento? Come si sposa tutto questo con l'annuncio, di questi giorni, che entra in servizio in Sicilia la Alf Pollak la nave Ro.Ro. più grande ed ecologica al mondo?

Sono tutti aspetti da chiarire e che sono seguiti passo dopo passo dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, allrmata per l'andamento dei conti.

LEGGI ANCHE Gli armatori napoletani alla guerra dei traghetti

Tirrenia, come si ricorderà, nasce come compagnia pubblica con Finmare e per decenni è stata il fiore all'occhiello della marineria italiana. Servizi eccellenti, lavoro garantito a migliaia di persone, contratti vantaggiosi per i marittimi e tanti lavori anche all'altra partecipata pubblica, Fincantieri. Come dimenticare, infatti, le serie dei traghetti costruiti proprio nei cantieri di Castellammare di Stabia. Tutto a gonfie vele, dunque? Sembrava, ma non era così. Soprattutto negli ultimi anni, quando la concorrenza privata è diventata forte, Tirrenia in passivo ogni anno l'Intervento del Tesoro per ripianare i debiti.

È così che nasce la necessità di vendere la compagnia pur garantendo una convenzione agli acquirenti, quella che, appunto, scade il prossimo luglio. La gara viene vinta nel 2012 dalla Cin, Compagnia Italiana di navigazione, una società che vede insieme, tra l'altro, l'armatore Vincenzo Onorato, il fondo Clessidra e gli imprenditori Luigi Negri (genovese) e Francesco Izzo (napoletano).

I primi anni tutto bene, poi cominciano i bracci di ferro con Onorato che, con l'aiuto delle banche, alla fine riesce a diventare unico proprietario. A quei tempi i bilanci erano a posto, il risanamento aveva funzionato e il rilancio sembrava avviato.

Erano anni che i dipendenti di Tirrenia oggi definiscono di oro. I bilanci attivi anche di fronte a costi del carburante notevolmente superiori rispetto ad oggi.

Cosa è successo negli ultimi quattro anni? Di certo c'è stato il varo di due navi gemelle, la Alf Pollak e la Maria Grazia Onorato.

Ma c'è stato anche il tentativo di fusione tra Moby e Tirrenia non andato a buon fine e la successiva crisi finanziaria di Moby. Una situazione che allarma non poco, appunto, il ministro De Micheli. Tanto che si inizia a parlare della necessità di un nuovo salvataggio. Senza Onorato ovviamente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA