Abiti griffati dalla Turchia e dalla Cina,
scoperta la centrale del falso: dieci indagati

Abiti griffati dalla Turchia e dalla Cina, scoperta la centrale del falso: dieci indagati
di Nicola Sorrentino
Giovedì 28 Maggio 2020, 06:10 - Ultimo agg. 16:27
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Abiti contraffatti spacciati per originali, venduti sul web e nei negozi. Sono 10 le persone indagate a seguito di un blitz condotto ieri dalla guardia di finanza di Napoli. La base logistica era a Nocera Inferiore. Due le persone finite ai domiciliari, C.A. di Pagani, di 42 anni e P.D. di Nocera Inferiore, di 34 anni. Il gip ha firmato poi un divieto di dimora in Campania per V.G. 44enne di Pagani. Obbligo di firma per tre: un 34enne di Pagani, N.F. G.C. 30enne di Nocera Inferiore e R.T.G. 29enne nocerino. Tra gli indagati anche uno straniero. Le accuse sono di associazione a delinquere dedita al traffico di abbigliamento contraffatto.

Il lavoro investigativo è stato condotto dal nucleo di polizia economico finanziaria di Napoli, che ha scoperto che indumenti e vestiti provenivano dalla Turchia e dalla Cina. Il resto delle accuse parla di commercializzazione di prodotti contraffatti, frode nell’esercizio del commercio, vendita di prodotti industriali con segni mendaci e ricettazione. A coordinare l’operazione la Procura Dda di Napoli, che nel corso dell’ultimo anno ha individuato i componenti di quella che viene ritenuta una «articolata organizzazione criminale», strutturata secondo ruoli e incarichi precisi e determinati, di volta in volta, che poteva contare su ottimi contatti e canali di approvvigionamento.

Nel caso specifico, anche di aiuti stranieri. Così, attraverso una rete distributiva sia fisica che appoggiata alla rete, riusciva a fare grossi affari sulla vendita di vestiti contraffatti. Le indagini hanno interessato anche le città di Bologna, Caserta, Roma e Salerno. Secondo le accuse, i prodotti che venivano resi identici agli originali, sarebbero stati venduti nei negozi o presso outlet, ma anche attraverso internet, mischiandoli ad altri articoli. In questo modo, ad essere truffati non erano solo i consumatori in Italia, ma anche quelli esteri. Chi si occupava dell’approvvigionamento della merce avrebbe avuto un contatto diretto con un proprio referente, già colpito da altre indagini di polizia giudiziaria, che viveva a Istanbul, in Turchia.
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