Scuola e sviluppo
contro la camorra

Martedì 23 Ottobre 2012, 09:41 - Ultimo agg. 09:57
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Caro direttore, dopo la fiaccolata di preghiera nel quartiere di Marianella, mi sento di condividere questo pensiero che per assicurare un avvenire diverso ai “figliastri” di Napoli bisogna intervenire sulla societ e sulla citt. Bisogna rompere quel meccanismo che fa sì che chi nasce marginale muore emarginato o delinquente. Se al povero come strumento di difesa e di promozione sociale si lascia solo la violenza, non ci si può lamentare dell’eterno riprodursi della camorra, sia essa intesa come mentalità, costume, stile di vita, organizzazione criminale. Anche gli emarginati vogliono vivere e non soltanto sopravvivere.



Don Francesco Minervino - NAPOLI



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Caro don Minervino, sono assolutamente d’accordo con lei.



La presenza dello Stato in quartieri di frontiera come Scampia, Secondigliano e dintorni non può essere ridotta a qualche agente in più per le strade (anche se, mi creda, non sarebbe poco). C’è un lavoro alla radice da fare per cui, più che il ministro dell’Interno, andrebbe sollecitato a venire il ministro per lo Sviluppo economico.





Vanno rimosse le cause del malessere e la possibilità che la camorra spa diventi il datore di lavoro di chi è senza tutele. Al tempo stesso è sul fronte della scuola che vanno profusi gli sforzi di inseminazione sul territorio con il «virus» dell’informazione e della distribuzione degli strumenti necessari a isolare, come la peste, il cancro dell’ignoranza e della merce come unico valore. Non sono programmi da comunismo reale, ma sforzi semplici che un Paese normale dovrebbe vivere quasi come automatismi.





Anche perché, senza tutto questo, assisteremo a contraddizioni stridenti come quella avvenuta ieri a Miano poche ore dopo la fiaccolata del risveglio civile per Lino. I parenti di un pusher hanno accerchiato i carabinieri che stavano arrestando lo spacciatore. Come dire, purtroppo in piazza c’era la parte già sana di Napoli. E da sola non basta a invertire la rotta.





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