BRUXELLES Polonia e Bulgaria sono unite dal destino, ma la situazione degli approvvigionamenti energetici russi nei due Paesi è piuttosto diversa, con Varsavia che ha messo a punto una strategia a tappe serrate per rendersi autonoma da Mosca. La Polonia dipende infatti dalla Russia per poco più del 45% del suo fabbisogno (10 miliardi di metri cubi), la Bulgaria per oltre il 90% (3 miliardi di metri cubi). Dopo lo stop alle forniture di gas russo che ha riguardato entrambi gli Stati dell’Europa orientale, alla luce del rifiuto di aprire il conto K denominato in rubli per il pagamento come stabilito dal decreto del Cremlino, Varsavia ha detto infatti di non temere il colpo, visto che negli ultimi anni ha lavorato per accelerare l’indipendenza da Mosca.
Gas russo, l’embargo non c’è e le compagnie europee accendono il Conto K
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Un’autonomia che andrà via via consolidandosi proprio nei prossimi mesi: il contratto con Gazprom per le forniture attraverso il gasdotto Yamal-Europe (quello adesso interrotto dalla Russia) è in scadenza nella seconda metà dell’anno e non sarà rinnovato.
Inoltre, il Paese è collegato alle infrastrutture energetiche degli altri Paesi della regione, dalla Germania alla Repubblica Ceca, da cui nel frattempo può continuare a ricevere gas. «Siamo uno dei pochi Paesi membri dell’Unione europea in grado di abbandonare del tutto i flussi russi», ha commentato la ministra polacca dell’Ambiente Anna Moskwa; e infatti Varsavia è tra gli Stati in maggiore pressing sulle istituzioni dell’Ue per accelerare sul fronte dell’embargo totale e immediato all’energia. A rafforzare la posizione della Polonia anche il livello di riempimento delle sue scorte sotterranee, che in avvio di estate - quando il metano serve soprattutto all’industria e non più al riscaldamento domestico - si attesta alla soglia record del 76% di capacità, il valore più alto fra i Ventisette. «Abbiamo le riserve necessarie a proteggere la nostra sicurezza energetica».