Ragazza 16enne stuprata nel metaverso, l'allarme dall'Inghilterra: indossava un visore quando il suo avatar è stato circondato

La polizia britannica apre un fascicolo: «Prima violenza virtuale di gruppo»

L’allarme dall’Inghilterra: «Stuprata nel metaverso». La 16enne indossava un visore quando il suo avatar è stato circondato
L’allarme dall’Inghilterra: «Stuprata nel metaverso». La 16enne indossava un visore quando il suo avatar è stato circondato
di Raffaele D’Ettorre
Sabato 6 Gennaio 2024, 22:02 - Ultimo agg. 8 Gennaio, 08:40
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I dettagli stanno emergendo con il contagocce ma su un punto la polizia britannica, che sul caso ha appena aperto un fascicolo, non ha dubbi: si tratta del «primo stupro virtuale di gruppo». La vittima, identificata soltanto come una ragazza sotto i 16 anni, indossava un visore per la realtà virtuale quando il suo avatar, cioè una sua rappresentazione interattiva all’interno del mondo di gioco, è stato prima circondato e poi violentato da altri avatar maschili.

Nonostante la minorenne non abbia ricevuto lesioni corporee, potrebbe aver subito un trauma psicologico simile a quello provato dalle vittime di uno stupro fisico, rivelano alcune fonti della polizia coinvolte nell’indagine.

Dello stesso avviso anche il ministro dell’Interno britannico James Cleverly: «So che è facile liquidare questa vicenda come se non fosse reale – spiega il ministro - ma la caratteristica principale di questi ambienti virtuali è proprio quella di risultare incredibilmente realistici e coinvolgenti». Un episodio simile era già avvenuto nel 2022, quando la ricercatrice Nina Jane Patel aveva denunciato di aver subito abusi sul metaverso Horizon di Meta. Patel ha raccontato di essere stata «circondata da tre o quattro avatar maschili che hanno iniziato a molestare sessualmente il suo personaggio virtuale».

Violentata a 17 anni da due uomini vicino alle autolinee

IL RISCHIO

Il timore delle autorità britanniche adesso è che non si possa perseguire gli autori dell’atto secondo le normative vigenti nel Regno Unito: perché si configuri il reato di violenza sessuale serve il contatto fisico. E rischia così di saltare il primo banco di prova importante per l’Online Safety Bill, il nuovo pacchetto normativo sulla sicurezza online approvata a settembre dal Parlamento del Regno Unito. Un enorme passo avanti nella protezione dei minori sul web per una legge che però alcuni esperti giudicano «insufficiente» a regolamentare i comportamenti tenuti all’interno del metaverso e di tutti quei mondi virtuali che, nella visione dei colossi della Bay Area, rappresentano la «prossima evoluzione delle piattaforme social».

E proprio sui social intanto la notizia è stata commentata con sfumature più o meno velate di sarcasmo («Non poteva semplicemente spegnere il visore?», interviene un utente, «Possiamo concentrarci sui crimini reali?», gli fa eco un altro) ma il tema è più complesso di così. Di design i visori, e di conseguenza gli universi virtuali a cui ci permettono di accedere, sono progettati per essere il più possibile realistici e immersivi. È parte della promessa del metaverso: creare mondi alternativi capaci di scatenare negli utenti un attaccamento emotivo. Mondi aperti a tutti (basta un visore) che nella strategia di marketing della Silicon Valley dovrebbero rappresentare un luogo sicuro per bambini e famiglie. Bambini che, secondo una recente ricerca dell’istituto britannico IET, nel corso della propria vita trascorreranno circa 10 anni nella realtà virtuale - quasi tre ore al giorno.

LE INDAGINI

Non è ancora chiaro su quale piattaforma sia avvenuta la violenza oggi al vaglio delle autorità britanniche. E mentre Meta ci tiene a precisare che «questo comportamento non trova spazio nella nostra piattaforma», aumentano le segnalazioni di crimini sessuali virtuali in Horizon Worlds, gioco VR gestito proprio dalla società di Zuckerberg. Un investigatore della polizia britannica ha rivelato al Daily Mail come il metaverso sia diventato «pieno» di crimini sessuali online e di altri tipi di reati, ma finora non ci sono stati procedimenti giudiziari nel Regno Unito.

«È la conferma definitiva che virtuale e reale non sono due mondi distinti», commenta così la notizia Ivano Zoppi, segretario generale di Fondazione Carolina, la Onlus che si occupa di prevenzione, formazione e supporto nell’ambito della sicurezza digitale dei minori. «Ancora una volta leggo di ansia e paura, conseguenze reali che ci troviamo ad affrontare quotidianamente con i ragazzi vittime dei lati più oscuri del web. La Rete è un ambiente reale, vero, vivo. E gli atti compiuti al suo interno possono avere conseguenze psicologiche devastanti».
 

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