Campi Flegrei e frane: lo studio per prevenire dissesti idrogeologici

Più del 15% dell'intero territorio flegreo è soggetto al rischio di frane

Campi Flegrei e frane: lo studio per prevenire dissesti idrogeologici
Campi Flegrei e frane: lo studio per prevenire dissesti idrogeologici
di Mariagiovanna Capone
Domenica 21 Aprile 2024, 08:00 - Ultimo agg. 22 Aprile, 17:58
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Nell'Intervista al Mattino di ieri, il ministro della Protezione civile Nello Musumeci ha sottolineato quanto il rischio idrogeologico nell'area dei Campi Flegrei sia «tema da non sottovalutare» e che «sarà oggetto di un successivo programma». Ormai, grazie anche a un grande lavoro di informazione tra i cittadini, c'è la consapevolezza di vivere in un'area vulcanica densamente popolata. Quasi nessuno, invece, conosce i pericoli di frane e fenomeni erosivi. Nel caso del territorio dei Campi Flegrei possiamo far riferimento a due studi piuttosto recenti (2022 e 2023), in cui gli autori del Distar dell'Università degli Studi di Napoli Federico II in un caso, e dell'Irpi del Cnr nell'altro, hanno analizzato gli eventi storici e le caratteristiche correlate per predisporre scenari di eventi, convalidare modelli di previsione e pianificare misure di mitigazione del rischio. 

La complessità dei Campi Flegrei 

La complessità del territorio flegreo, sia per morfologia, urbanizzazione e caratteristiche delle rocce, suggerisce un aggiornamento delle carte del rischio e un approfondimento lì dove c'è la presenza di strade e linee su ferro, dove periodicamente avvengono frane: l'ultima lo scorso marzo, finita sui binari della linea Cumana nella zona Cappuccini.

Come non ricordare la frana di un costone nel novembre del 2019, quando fu necessario evacuare in piena notte 22 famiglie da un intero palazzo in via Barletta sul lungomare di Pozzuoli, o le due famiglie di via Camilla sempre a Pozzuoli, sgomberate in seguito al distacco di una parete rocciosa dal Monte Nuovo nel 2018, le continue frane in zona Pisani a Quarto, e lungo il bordo flegreo della collina di Posillipo o la conca di Agnano. Nello studio del Cnr è stato creato il Campi Flegrei LAndslide Geodatabase (Caflag), un catalogo con tutte le informazioni relative alle 2.302 frane che si sono verificate nei settori continentale, costiero e insulare tra il 1828-2017. La maggior parte dei movimenti catalogati consistono in cadute di costoni composti da rocce vulcaniche litificate, come il tufo o l'ignimbrite. Inoltre, scivolamenti di terra e detriti indotti dalle precipitazioni che si traducono in flussi rapidi sono diffusi lungo pendii ripidi ricoperti da depositi di materiale piroclastico sciolto. 

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Le aree più delicate 

Le frane in area flegrea sono state segnalate fin dal periodo imperiale romano. Le informazioni temporali mostrano picchi di frane negli anni 1986, 1997 e 2005. Secondo lo studio del Distar, più del 15% dell'intero territorio flegreo è soggetto al rischio di frane, sebbene la distribuzione delle aree a rischio tra i sei comuni sia irregolare. In cima alla lista c'è Monte di Procida con il 31,7%, seguono Pozzuoli con il 24,5%, Marano con il 19%, Bacoli e Napoli (ma sono compresi solo i quartieri di Bagnoli, Fuorigrotta e Posillipo) con il 12,5%, e Quarto con solo il 5%. A causa dell'intensa urbanizzazione della zona, un tale pericolo, però, si traduce in un rischio piuttosto elevato. Negli ultimi anni, sono state introdotte una serie di contromisure strutturali, comprese le tecniche di bioingegneria del suolo a basso impatto, per mitigare il rischio di frana. L'esigenza di incentivare monitoraggi e opere di contenimento, nasce dal fatto che le sollecitazioni sismiche di magnitudo superiore a 3 di questa crisi bradisismica possano alterare il delicato equilibrio dei versanti in frana già censiti dalle cartografie esistenti. Già durante la crisi 82-84, infatti, aumentarono i fenomeni franosi e voragini dovuti alle cavità esistenti nel sottosuolo come quello che coinvolse il piazzale nei pressi dell'ospedale di Pozzuoli, senza contare l'azione della deformazione del suolo sui sottoservizi. Sempre durante la crisi 82-84, il collettore di Cuma subì seri danni, spaccandosi a metà. Se dal punto di vista vulcanico e sismico i Campi Flegrei sono monitorati h24, l'attenzione per processi esogeni come frane, alluvioni ed erosione costiera è più scarsa. A dirlo sono gli autori dello studio del Cnr del 2023, sottolineando che «il rischio rappresentato dalle frane nell'area vulcanica di Campi Flegrei è attualmente sottovalutato sia tra la comunità scientifica che tra la popolazione». 

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