Marano, i misteri di villa La Decina tra templari e crolli

L'edificio vincolato è privato ma giace in abbandono

Villa La Decina
Villa La Decina
di Serena Palumbo
Mercoledì 28 Giugno 2023, 10:15
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Villa La Decina cade a pezzi sul versante di Marano della collina dei Camaldoli. Ma il fascino dei suoi misteri resta intatto. Sono numerose le storie che nel corso degli anni hanno legato il comune di Marano ai cavalieri templari. Il ritrovamento in una caverna della croce simbolo dell'ordine più di sette secoli fa ne è un esempio. Ma non serve inoltrarsi nei luoghi segreti per incorrere in queste testimonianze. Sui Camaldoli, nell'esatto confine tra il comune di Marano e Napoli, c'è l'antica villa nobiliare che mostra simboli riconducibili ai templari: Villa La Decina. Posta in un frenetico incrocio, coperta da cartelli stradali, impalcature per contenere i crolli e vegetazione incolta, Villa La Decina è l'epilogo di una misteriosa storia che vale la pena raccontare.

L'edificio, XVIII secolo, tra via Vicinale Soffritto e via Camillo Guerra, è una singolare testimonianza dell'architettura napoletana. Ciò che salta subito agli occhi persino dei più distratti sono le iconografie che resistono alle intemperie e all'incuria sulle facciate. Maestosa sormonta il portico principale la statua di una donna dalle braccia conserte, che a prima vista sembra la Madonna. Tuttavia, c'è chi in essa individua il primo simbolo dell'influenza templare sulla struttura: alcuni studiosi e storici dell'arte ritengono che la donna, posta quasi a indicare la retta via ai passanti che attraversano l'incrocio, sia in realtà Maria Maddalena, figura cara ai cavalieri templari. Ma se questa può sembrare una coincidenza, non equivoci appaiono altri due simboli. Immediatamente sotto alla figura femminile, poco sopra il portone principale, c'è l'effige di un cavaliere in armatura, le cui spade sono incrociate, simbolo che richiama a massoneria, riti esoterici, templari.


Ancora, la rappresentazione del Bafometto nella parte antistante della villa. Si tratta di un idolo pagano con sembianze di un diavolo barbuto, della cui venerazione furono accusati i cavalieri templari. Ma anche la denominazione della villa gioca un ruolo decisivo nella tesi del legame templare. Nella deontologia di questo ordine il numero dieci è responsabile di tutte le cose, fondamento e guida sia della vita divina e celeste, sia di quella umana. Altri, diversamente, ritengono che il nome, ben leggibile sulla facciata principale, risalga all'esistenza in prossimità della struttura di un passaggio doganale, che prevedeva il pagamento di un dazio di dieci monete. Ma queste non sono le sole spiegazioni: molti ritengono che Decina derivi da una grandissima quercia presente nel giardino e soprannominata decina o regina. Al di là dell'effettiva o idealizzata influenza dei templari, la villa è tutelata dalla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici poiché ritenuta un significativo riferimento per l'architettura napoletana degli inizi del XX secolo e per l'evoluzione culturale della produzione architettonica del pittore e docente della Reale Accademia Belle Arti di Napoli Camillo Guerra, ultimo acquirente.

E sono proprio gli eredi gli odierni proprietari.

L'edificio, progettato da Dante Tassotti, è stato per la stragrande maggioranza costruito in tufo e ha subito negli anni rimaneggiamenti. Ma quello che ha segnato le sue mura è l'abbandono. Il passare del tempo, gli agenti atmosferici, l'assenza di tutela e manutenzione, hanno portato a un notevole deterioramento. Oggi l'edificio è in uno stato di pericolo assoluto dati i continui crolli, tanto da portare l'amministrazione comunale di Marano a provvedere a una messa in sicurezza dell'edificio con l'ausilio di impalcature, ponteggi e reti contenitive.

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