Poggiomarino, accuse choc del pentito: «Ho manipolato il voto»

Le rivelazioni del boss Giugliano: «I miei candidati eletti nel Consiglio»

ll corso di Poggiomarino
ll corso di Poggiomarino
di Francesco Gravetti e Dario Sautto
Giovedì 14 Dicembre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 15 Dicembre, 19:16
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Un pentito che dice di aver «partecipato alle elezioni comunali anche attraverso la richiesta di voti, l’attività di attacchinaggio e la promozione di alcuni candidati», un sindaco che respinge ogni accusa e parla di «dichiarazioni infamanti» e una città che ripiomba negli anni bui del passato, quando la camorra imperava e un boss decise di collaborare con la giustizia inguaiando politici, imprenditori e persino magistrati. A Poggiomarino si torna a parlare di commistioni tra la politica e la criminalità organizzata, 30 anni dopo Pasquale Galasso, il potente ras del clan di Alfieri che con il suo pentimento contribuì ad aprire una stagione di indagini. 

Questa volta a parlare è Rosario Giugliano, detto «’o minorenne», già killer al servizio della Nuova Famiglia e fedelissimo proprio di Galasso, prima di una lunga detenzione e della scarcerazione definitiva nel 2020. Giugliano è un collaboratore di giustizia e ha testimoniato al processo che lo vede imputato per camorra dinanzi al tribunale di Torre Annunziata (presidente Antonio Fiorentino, a latere Silvia Paladino e Luisa Crasta). Ed è in questa circostanza che ha tirato fuori le durissime accuse nei confronti dell’attuale amministrazione di centrodestra, eletta nel settembre del 2020 con a capo Maurizio Falanga: «Ho avuto miei rappresentanti all’interno dell’Amministrazione Comune di Poggiomarino, finché non ho iniziato a collaborare con la giustizia.

Ho ottenuto diversi piaceri e anche appalti a ditte mie o di imprenditori vicini a me».

Giugliano non ha fatto riferimenti ai nomi dei politici a lui vicini, ma nel corso degli interrogatori resi nei mesi scorsi ha spiegato le sue alleanze e i suoi stretti legami, avviati già nel 2015 «quando feci un tentativo con un rappresentante del Comune di Poggiomarino, però non concretizzai perché non ero ancora sul territorio». 

Un terremoto politico-giudiziario, insomma. Parole contro le quali il sindaco reagisce con fermezza: «Mai avuto contatti con delinquenti, mafiosi, camorristi. Il malaffare è stato, è e sarà lontano dal Comune». 

Intanto la questione sbarca a Montecitorio, con il Pd che annuncia una interrogazione parlamentare: «Riteniamo necessario l’invio della commissione d’indagine prefettizia». Del resto, segretario metropolitano dei dem è Giuseppe Annunziata, che alle elezioni del 2020 sfidò e perse contro Falanga. La cautela è d’obbligo. Alla magistratura tocca individuare riscontri alle parole del collaboratore di giustizia e lo stesso Giuseppe Annunziata usa il condizionale: «Se le rivelazioni del boss Rosario Giugliano trovassero conferma per Poggiomarino si prospetterebbe una stagione buia che pensavamo abbandonata per sempre». 

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Tuttavia il sindaco Falanga è netto e accusa anche l’opposizione: «Restiamo fiduciosi nella magistratura. Rattrista che i nostri avversari politici vogliono utilizzare a sproposito accuse infondate. Solo i poggiomarinesi e la loro voglia di cambiamenti hanno influenzato il voto nel 2020. Io e la mia amministrazione andremo avanti per la nostra strada, continuando per la città che ci ha dato liberamente fiducia». 

La nota del Pd è firmata, oltre che da Annunziata, anche da Sandro Ruotolo e Marco Sarracino della segreteria nazionale Pd e dai parlamentari Arturo Scotto e Valeria Valente: «Per combattere la camorra che limita la vita dei cittadini onesti nei nostri comuni abbiamo bisogno di piena trasparenza e di amministratori e funzionari pubblici liberi da ricatti, condizionamenti o peggio ancora collusi», spiegano. Di certo, il caso di Rosario Giugliano riporta alla memoria quello di un altro pentito che con le sue dichiarazioni provocò uno sconquasso agli inizi degli Anni Novanta: Pasquale Galasso. 

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