Centro direzionale di Napoli, intervista a Maria Elena Altieri: «La moda guarda al futuro, le Torri scenario perfetto»

Centro direzionale di Napoli, intervista a Maria Elena Altieri: «La moda guarda al futuro, le Torri scenario perfetto»
di Giuliana Covella
Giovedì 25 Agosto 2022, 11:00 - Ultimo agg. 15:16
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«Il Centro direzionale può diventare una cittadella della moda». È il pensiero di Maria Elena Altieri, imprenditrice del settore e titolare della Altide, agenzia di rappresentanza di abbigliamento e accessori donna, uomo e bambino alla terza generazione. Lo showroom, fondato nel 1968 dal patron Gaetano Altieri, negli anni è stato costantemente rinnovato dai figli Maria Elena e Giuliano, proiettandosi in un futuro senza limiti di categoria e stile con l'obiettivo di essere il punto di congiunzione tra aziende rappresentate e store. E nell'ottica di questa «proiezione verso la modernità e un mondo sempre più globale» l'imprenditrice guarda al futuro dei grattacieli e degli spazi del Centro direzionale. Un luogo che ora potrebbe sparire del tutto con la realizzazione del disegno della Regione, che prevede il trasferimento degli uffici a poco più di 200 metri nell'ambito del progetto Napoli Porta Est. Proprio quelle piazze, quei viali e quelle fontane che s'intersecano all'interno di quello che fu pensato come un quartiere destinato agli uffici pubblici e privati potrebbero invece diventare - spiega Altieri - la passerella naturale per una sfilata simbolo di rilancio di una zona degradata e abbandonata nell'ultimo decennio. 

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Allora, spostiamo sfilate, eventi e uffici di rappresentanza al Centro direzionale? Così da farlo candidare a cittadella della moda?
«In un'ottica di modernità che, specie nel nostro settore, guarda con insistenza allo street style associato alla cultura giovanile, quale location migliore del Centro direzionale, così moderna, che ha già in sé potenzialità e spunti futuristici? Oggi le sfilate sono diventate tecnologiche e quel luogo è l'ideale per mostrare un profilo globale al mondo».

Cosa intende per profilo globale?
«Sull'esempio di Milano, dove il Centro direzionale è un punto di riferimento internazionale in tantissimi settori, dalla finanza alla moda, alla ristorazione, all'aggregazione per i giovani.

Partire da lì dunque per rimodellare quello partenopeo nell'ottica di una nuova visione del commercio e dello sviluppo. Napoli ha ancora tanta sete di eventi e sfilate, quindi si presterebbe alla perfezione sulla scia, come dicevo, della tendenza street style in voga nelle più grandi metropoli mondiali. Nel nostro caso, ripeto, l'architettura progettata da Kenzo Tange si inserirebbe benissimo portando a immaginare una prospettiva futurista».

Lei è titolare di un'azienda da tre generazioni nel settore distribuzione. Come si inserirebbe in quest'opera di rilancio?
«Premesso che vedrei l'unione vincente di moda, musica e arte contemporanea a cui gli spazi del Centro direzionale offrono spunti moderni, ipotizzerei per il nostro segmento un polo di riferimento anche per la centralità della posizione geografica ben collegata a ferrovie, metropolitane e aeroporto. Penso ad esempio ai nostri punti vendita che hanno sede in tutto il sud Italia, ma anche a showroom e altre attività commerciali che vanno dall'abbigliamento all'arredamento per rendere l'idea dell'innovazione».

Tutto questo però potrebbe diventare realtà, solo se quei luoghi non si spopoleranno definitivamente. Cosa pensa del progetto della Regione di spostare i suoi uffici dal Centro direzionale a poca distanza?
«Dobbiamo evitare un ulteriore e definitivo svuotamento. Sarebbe un gran peccato perché la nascita di quella cittadella a ridosso della stazione centrale è stata un'operazione importante per ridare slancio e respiro mondiali a Napoli. In tal senso c'è stato sicuramente uno sforzo enorme per modernizzare la città. Ma va anche detto che, dopo le 18, la zona diventa invivibile, insicura e non frequentabile. Quindi il rischio che si spopoli per sempre è altissimo, ma possiamo evitarlo, partendo dalla promozione e organizzazione di attività ludiche, con ristorazione e musica per un pubblico diverso che non sia solo quello dei residenti o di chi al mattino va a lavorare lì».

Lei parla di eventi da organizzare. A quale pensa in particolare per rilanciare quegli spazi?
«Certamente una sfilata con un grande nome internazionale, accompagnata da un evento musicale. Diffondendoli con la modalità online per far arrivare a chiunque non solo le emozioni che la moda riesce a trasmettere al pubblico, ma anche le bellezze di luoghi che hanno solo bisogno di vivere e rivivere per decollare. Ecco questo potrebbe essere il giusto volano per scongiurare la definitiva desertificazione del Centro direzionale e farlo ritornare alla sua vocazione naturale ossia quella futurista per la quale era stato pensato in origine».

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