Coronavirus, la grande crisi della moda: fatturati dimezzati, a rischio un negozio su due

Coronavirus, la grande crisi della moda: fatturati dimezzati, a rischio un negozio su due
di Valerio Iuliano
Giovedì 23 Luglio 2020, 09:05
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Il comparto della moda è uno dei settori maggiormente colpiti dalla recessione. I dati dell'osservatorio di Confesercenti Campania sono impietosi. Se nel 2019 il fatturato delle imprese è stato di 16.8 miliardi di euro, con una media mensile di 1,4 miliardi, la previsione per il 2020 è di circa 8 miliardi, ovvero oltre il 50% in meno. «Le perdite post lockdown - sottolinea Vincenzo Schiavo, leader di Confesercenti- vanno dal 30% al 70% al mese, a seconda delle attività. A luglio 2019 il fatturato raggiunse quasi 8 miliardi. Oggi, 12 mesi dopo, supera di poco i 3 miliardi di euro. Il comparto della moda nel 2019 ha prodotto il 18% del Pil del territorio».

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«Il momento è drammatico - commenta Schiavo - specie in questo settore: i quasi 5 miliardi di fatturato in meno in soli 12 mesi rappresentano una cifra enorme che potrà essere soltanto lievemente alleggerita dai saldi appena cominciati. Come Confesercenti Campania siamo molto preoccupati: le persone non hanno soldi in tasca, molti non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione; gli imprenditori sono in perdita per cui non hanno la possibilità di investire e al contempo si sottraggono al ruolo di consumatori. E poi c'è lo smart working: molte persone lavorano da casa e di conseguenza c'è pochissima gente in giro, le strade dello shopping sono poco affollate», spiega ancora.
 


«L'impatto del Covid-19 sul rischio di insolvenza delle Pmi», suddivise per regioni, è stato valutato intanto nello studio di Confindustria attraverso l'analisi di tre scenari, più o meno pessimistici. Le imprese sono state poi identificate con quattro parametri, da quelle rischiose a quelle vulnerabili, da quelle sicure a quelle solvibili. Le attività a rischio appartengono anzitutto ai settori più penalizzati dal lockdown e dalle restrizioni alla mobilità, come il comparto turistico, i trasporti, l'automotive, la ristorazione e la moda. Il risultato che viene fuori per la Campania è piuttosto inquietante. Le imprese considerate a rischio, secondo lo scenario più pessimistico, corrispondono al 24,6% del totale delle attività. Un dato nettamente superiore al 18,8% della media nazionale, al 14,8% del Nord-Ovest e al 14,2 del Nord-Est. E le aziende considerate vulnerabili - a un livello di rischio inferiore al precedente, ma comunque significativo- in Campania sono il 40,8% del totale, a fronte del 29% del Nord-Ovest e del 32 della media nazionale. Dall'indagine di Confindustria e Cerved viene fuori, quindi, un dato complessivo perfino peggiore delle previsioni di qualche tempo fa. Due imprese su tre in Campania sono a rischio di insolvenza o, nella migliore delle ipotesi, vulnerabili. .

«Non ci sono economie per sostenere il commercio - aggiunge Schiavo - e se l'Istat prevede che in Italia il 40% delle imprese chiuderà i battenti a settembre, noi temiamo che qui da noi in Campania il numero sarà ancora più alto che in altre zone del paese, arrivando almeno al 50%. Chiediamo al Governo di intervenire e di farlo subito, magari approfittando immediatamente del sostegno incassato dall'Europa. Bisogna inoltre far ripartire il turismo e incentivare le imprese facendo in modo che non paghino ulteriori tasse nel 2020 e assicurando loro degli sgravi futuri che le consentano di rimanere vive», conclude. 

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Per il 2020 sul fatturato complessivo delle aziende campane viene fuori un calo di oltre 7 miliardi di euro, rispetto al 2019. «Dal Rapporto di Confindustria - incalza Vito Grassi, Presidente del Consiglio delle Rappresentanze regionali di Confindustria e Vice Presidente Confindustria per le Politiche di Coesione Territoriale - emerge un dato incontrovertibile. Al termine di questa fase, il divario tra le Pmi del Nord e quelle del Centro-Sud potrebbe ulteriormente aumentare, nonostante gli effetti immediati della crisi siano più rilevanti al Nord. È necessaria una decisiva svolta di policy.
La congiuntura è favorevole: sono stati sciolti i vincoli di finanza pubblica e una quantità di risorse senza precedenti sarà resa disponibile dall'Ue. Utilizzare in maniera efficace queste risorse implica un enorme sforzo di pianificazione e di definizione di riforme strutturali da avviare subito e completare nel medio-lungo termine».

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