Covid e stretta di Natale, è allarme a Napoli: «Perdite di oltre un miliardo»

Covid e stretta di Natale, è allarme a Napoli: «Perdite di oltre un miliardo»
di Valerio Iuliano
Martedì 15 Dicembre 2020, 23:30 - Ultimo agg. 16 Dicembre, 13:55
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Lo scenario è drammatico. Il Natale alle porte rischia di trasformarsi nell’ultima grande occasione sfumata per 230mila imprese di Napoli e provincia. Dopo 10 mesi di magra, dalle festività sarebbe dovuta arrivare una piccola boccata di ossigeno per gli esercenti partenopei. Ma le imminenti nuove misure di contenimento della pandemia, il drastico calo dei consumi e gli effetti delle lunghe chiusure di settori come la ristorazione stanno già modificando radicalmente il quadro. 

Le stime di Confesercenti sulle probabili perdite rispetto a Natale 2019 fanno rabbrividire. «Un anno fa - spiega il presidente regionale Vincenzo Schiavo - abbiamo registrato nel periodo festivo un totale di oltre 3 miliardi di fatturato. Quest’anno si profila già un calo di almeno 1,5 miliardi. I fatturati sono dimezzati. E se ci sarà un’altra zona rossa, le perdite saranno molto superiori al miliardo e mezzo.

Gli imprenditori non hanno più soldi in tasca. Il turismo, la ristorazione, l’abbigliamento sono al collasso. Basti pensare che la filiera turistica ha perduto già 800 milioni di euro di fatturato nel 2020. E a Natale non c’è nessuna possibilità di recuperare. Abbiamo zero prenotazioni negli alberghi e altrettanto per i viaggi, con le agenzie che non incassano più un euro, visto che i napoletani non si spostano più. I negozi di abbigliamento non hanno avuto la possibilità di vendere un capo a prezzo normale e dovranno poi inserirli nei saldi». Il crollo dei ricavi, rispetto allo scorso anno, deriva, dunque, da due fattori. Da un lato, i magrissimi incassi di molti comparti ormai ridotti al lumicino, dall’altro il lungo periodo di chiusura di altri settori, che rischiano di non riaprire nemmeno a Natale. Le ipotesi di una nuova zona rossa o di una zona arancione non lasciano scampo a ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie. 

«Non è immaginabile continuare in questo modo», spiega il presidente della Fipe Massimo Di Porzio. «Il periodo natalizio è troppo importante per noi. Abbiamo chiuso i primi di novembre, potremmo essere chiusi fino alla Befana e in questo modo arrivare ad oltre due mesi di blocco. Intanto, continuiamo a pagare le bollette e i fitti. Anche con il credito di imposta paghiamo comunque il 60% e il resto lo dobbiamo anticipare. Come ristoratore, ho anticipato 50mila euro di stipendi per i dipendenti in Cig. E se non lavoriamo, come possiamo continuare a sostenere tutte queste spese? È una situazione davvero complicata. O il governo segue l’esempio della Germania, mettendo sul tavolo aiuti seri, commisurati alle enormi perdite che abbiamo subito, o non c’è soluzione. Intanto, per strada vedo assembramenti. Sembra che lo scotto della pandemia - conclude Di Porzio- dobbiamo pagarlo solo noi. Se bisogna fare sacrifici, devono essere sacrifici per tutti. Ci sentiamo perseguitati». Tra i tanti negozianti in crisi, qualcuno fa notare un paradosso. L’inflazione a Napoli è aumentata. Segno che alcune delle poche attività sempre aperte hanno persino aumentato i prezzi. 

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Per le attività ricettive, dunque, si preannuncia un Natale insolitamente amaro. Gli albergatori partenopei hanno già calcolato per il mese di dicembre perdite di circa 30 milioni di euro. Nella notte di San Silvestro si registrava, di solito, un fatturato di oltre 2 milioni. Tutto sfumato. «Capodanno - spiega il presidente di Federalberghi Napoli Antonio Izzo - rappresenta uno dei momenti più importanti per il turismo cittadino, sia dal punto di vista dell’occupazione camere, perché Napoli era sempre sold out, sia per il fatturato. Il numero zero nella casella presenze che si prospetta quest’anno è un altro duro colpo da assorbire. È un’emorragia senza freni. Oggi la gran parte delle strutture è chiusa e non sa quando riaprirà. Di sicuro la tutela della salute è una priorità, ma è altrettanto importante avere un piano per il rilancio dell’economia. Attendiamo risposte da parte del governo, perché il comparto è allo stremo. Il rischio più grave riguarda il mantenimento dei posti di lavoro, perché c’è il pericolo di vere e proprie chiusure di azienda».

Per il presidente di Confcommercio Carla Della Corte la prospettiva più inquietante è quella di un lockdown già nel prossimo fine settimana. «Sarebbe un problema molto serio. Per i negozi di abbigliamento il lavoro più importante è quello fino al 24 dicembre. Perciò auspichiamo che, almeno fino alla vigilia di Natale, non ci siano chiusure».

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