Perché qui no? Galleria Umberto e il confronto con la gemella di Milano tra luci, decoro e griffe

Perché qui no? Galleria Umberto e il confronto con la gemella di Milano tra luci, decoro e griffe
di Gennaro Di Biase
Domenica 23 Gennaio 2022, 09:44 - Ultimo agg. 24 Gennaio, 07:22
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Napoli e Milano, ovvero come potrebbe essere e com'è. Parliamo delle Gallerie a confronto, la Umberto I e la Vittorio Emanuele. Nel capoluogo lombardo il monumento è scintillante e senza peccato. Qui, invece, marmi, mosaici, vetrate e pavimenti sono asfissiati da scritte, crepe e degrado. L'altezza della cupola napoletana è superiore di circa 10 metri (47 contro 57). Le potenzialità della Umberto I sono addirittura una spanna più su, ma nel complesso la Vittorio Emanuele vince su tutti i fronti: per manutenzione, indotto, omogeneità delle insegne e decoro. È una sfida tra realtà e potenza, questa tra Milano e Napoli. E, al momento, vince la realtà. All'ombra del Vesuvio resta la speranza, dovuta all'impegno di prefetto, Comune e privati di un rilancio della Umberto I appena avviato. Dopo la mobilitazione lanciata dal Mattino, l'altro ieri ha avuto luogo la prima riunione in Prefettura. Tanti i temi affrontati nella riunione, cui hanno preso parte lo stesso prefetto, il sindaco, il sovrintendente La Rocca, il presidente della Camera di Commercio Fiola e gli amministratori di condominio.

Palomba ha invitato i privati a formare un'unica assemblea. Manfredi ha confermato l'intenzione del Comune di procedere con i lavori a pavimentazione e vetrate. Sulla sicurezza notturna, l'idea è quella di una vigilanza privata. Per i lavori sull'arco, la disponibilità dei privati dovrà essere confermata in assemblea di condominio a febbraio. Il restauro potrebbe iniziare ad aprile, se la trattativa sui canoni dei ponteggi con Palazzo San Giacomo filasse senza intoppi.  Seguirà un nuovo vertice, sempre in Prefettura, tra circa dieci giorni, la cui data precisa non è ancora fissata.

Le antinomie si sprecano, nel confronto tra la Vittorio Emanuele e la Umberto I. Grandi griffe (Prada, Luisa Spagnoli, il ristorante di Cracco) contro negozi sfitti e un Mc Donald's come unico esercizio pubblico di cibo salato (c'è un ristorante in piazzetta Serao, ma a Napoli sono ben 12 le saracinesche abbassate da anni). Illuminazione notturna dall'effetto oro, contro la semioscurità dilagante dopo il tramonto tra via Verdi e il Teatro San Carlo. Passando al pavimento, la giunta Manfredi ha assicurato un intervento, così come sulle vetrate. Senza girarci intorno, parliamo di un restauro più urgente che mai. Il piano calpestabile del monumento del Risanamento partenopeo (di competenza comunale) è completamente massacrato. Più che il pavimento di un salotto contemporaneo, sembra quello di uno scavo archeologico. Fa male, anzi malissimo, anche il paragone tra i mosaici delle due Gallerie. La croce rossa su campo bianco sfavilla sul pavimento milanese. A Napoli, invece, tra le migliaia di crepe del calpestio, sono stati fatti degli interventi con colature di stucco che hanno letteralmente cancellato le tessere dei mosaici.

Ora, al posto delle antiche decorazioni del logo comunale, c'è un unico blocco rossiccio. Senza dimenticare i vetri bassi, quelli del calpestio, che a Milano risplendono e a Napoli sono stati distrutti da skateboard, pallonate e babygang. La scorsa amministrazione ne coprì una quindicina con cerchioni di legno, a luglio scorso. In attesa di restauri mai arrivati.

Da Europa Verde, che nelle scorse settimane ha lanciato su change.org una raccolta firme per salvare il monumento cui hanno aderito migliaia di cittadini e vari nomi illustri (tra cui Maurizio De Giovanni, gli attori Massimo Gallo e Ciro Capano, Antonio Coppola dell'ci), parte una proposta: «Tra la Galleria di Milano e quella di Napoli si notano sostanziali differenze nelle insegne dei negozi - dichiarano il consigliere regionale Francesco Borrelli, il conduttore radiofonico Gianni Simioli e lo scrittore Angelo Forgione - A Milano sono tutte in nero con il logo scritte in oro, a Napoli non vi è alcuna regolamentazione su questo. Al di là della manutenzione carente, al di là del fatto che il Comune di Milano sia l'unico proprietario della Galleria mentre a Napoli solo l'aera calpestabile e la copertura in vetro appartengono al Comune, ci sono delle cose in cui Sovrintendenza ed amministrazione comunale possono intervenire subito e bene: l'illuminazione, qui installata senza coerenza; le insegne che, come a Milano, dovrebbero avere uniformità. E i tavolini dei bar».

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È in corso la trattativa tra l'assessorato comunale alle Attività Produttive e Confcommercio per la creazione di un Distretto commerciale In zona Umberto I. Uno strumento che potrebbe snellire la burocrazia degli interventi in Galleria, consentendo ai privati di intervenire direttamente con contributi economici e al Comune di restare capofila dei progetti. Nell'attesa, Pasquale Barbaro (titolare del Salone Margherita), suggerisce una strategia: «Per rilanciare la Galleria serve creare un contesto di cultura e mostre d'arte, che possa coinvolgere il monumento nella vita serale della città. Tante aziende di ristorazione di alto livello si sono interessate negli ultimi anni agli spazi liberi e ai locali sfitti dal lato di via Santa Brigida. Ovvio che, per attrarre investimenti di pubblici esercizi di grande livello, una volta allontanati del tutto i clochard e sperando che il relativo piano funzioni, serve più la sicurezza notturna. E serve concedere agli investitori la possibilità di stare aperti a cena. Negli anni scorsi, si interessò alla Galleria anche Hard Rock Cafè, che per tutti questi motivi si tirò indietro».

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