Napoli, palestre contro il nuovo Dpcm: «Se apriamo a marzo perdiamo tutto l'anno»

Napoli, palestre contro il nuovo Dpcm: «Se apriamo a marzo perdiamo tutto l'anno»
di Paola Marano
Lunedì 18 Gennaio 2021, 19:12 - Ultimo agg. 19:34
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«Quest'ultimo Dpcm é l’ennesima batosta. Ci era stato promesso che per il 15 gennaio ci sarebbe stato uno spiraglio di apertura, almeno per gli allenamenti individuali. Ma riaprire il 5 marzo vuol dire terminare così la stagione e perdere un intero anno». È una riflessione poco consolante quella di Gianmarco Tarantino, titolare della palestra al Vomero G- Fit Napoli, a pochi giorni dall’entrata in vigore del nuovo decreto del governo in materia di misure anti-covid, che di fatto prolunga l’interruzione delle attività di palestre e piscine fino al mese di marzo. Un’analisi che per la stagionalità dell’attività accomuna tanti altri operatori tra gestori e titolari di impianti sportivi: categoria, forse insieme ai ristoratori, tra le più vessate dalle pandemia. Se aprire in primavera vorrebbe dire infatti consentire agli abbonati di recuperare i mesi pregressi andati perduti, difficilmente si potrà contare su nuove iscrizioni in vista dell’estate, quando il calo di affluenza per questa tipologia di strutture già in condizioni sanitarie normali è un dato fisiologico.

«La palestra lavora 6 mesi l'anno: da ottobre fino ad aprile, maggio. Aprire a marzo non ha alcun senso - commenta Giosué Iodice, titolare di Depretis Fitness, grande impianto al centro di Napoli il cui mantenimento ha un costo che oscilla tra i 15 e i 17mila eur al mese. «Quando abbiamo aperto a settembre c'è stato un calo del 70-80 per cento -  continua Iodice - Su 600 iscritti ne erano attivi 200, di cui solo 150 nuovi ingressi, mentre il resto doveva recuperare l'abbonamento di marzo e aprile 2020, quando con il lockdown siamo stati costretti improvvisamente alla chiusura».

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E c’è chi purtroppo, schiacciato dalle spese eccessive e dal caro fitti di strutture di migliaia di metri quadrati ormai deserte, ha gettato la spugna. «Qui al Vomero io personalmente conosco amici che hanno purtroppo chiuso, palestre storiche fallite dopo anni di attività - racconta Tarantino - Ma questa è la fine che prima o poi se continua così faremo tutti: i ristori sono pochi. Sembra che ci facciamo l'elemosina con quattro spicci che servono a poco e nulla». A poco e nulla. O a coprire soltanto un'esigua parte delle spese a cui i gestori dei centri sono chiamati a dare conto a fine mese. «Abbiamo bisogno di indennizzi concreti, commisurati agli effettivi costi come il fitto, e utenze – sottolinea Francesco De Giacomo, socio Anif (associazione impianti sport&fitness) e proprietario della palestra V.Fit a Napoli - Con quello che ci è stato dato fino a oggi io sono riuscito a coprire le spese di due mesi su dieci di pandemia, che significa aver dovuto mettere soldi di tasca mia per tirare fino ad ora.

Non abbiamo ricavi, non abbiamo incassi né tantomeno stipendi».

Secondo una stima dell’Anif, soltanto l’1 per mille su 20milioni di utenti delle palestre è risultata positiva al Covid. In totale sono centomila gli impianti su tutto il terriotrio italiano, che generano posti di lavoro per centinaia e centinaia di persone ora appesi a un filo. «I ristori servono ma fino a un certo punto, noi abbiamo bisogno di lavorare così come continuano a farlo parrucchieri e estetisti - conclude Emanuela Trombone, istruttrice e responsabile piscina alla Depretis - Se la palestra non riapre cosa faremo? Andremo in mezzo a una strada? Abbiamo delle famiglie, non capisco perché adesso che in Campania siamo in zona gialla non ci è stato permesso di aprire con ingressi controllati e norme igieniche garantite». 

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