Napoli, piove nell’antica chiesa di San Giuseppe: addio agli affreschi del Settecento

Napoli, piove nell’antica chiesa di San Giuseppe: addio agli affreschi del Settecento
di Paolo Barbuto
Lunedì 21 Marzo 2022, 23:56 - Ultimo agg. 23 Marzo, 16:43
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Il tetto dell’antica chiesa sta cedendo, da qualche anno s’è creato un buco tra le tegole attraverso il quale l’acqua piovana passa liberamente e va a inzuppare, ad ogni scroscio di pioggia, i sottostanti affreschi settecenteschi. La chiesa è quella di San Diego dell’Ospedaletto che i napoletani conoscono come San Giuseppe Maggiore per via dell’antica devozione alla statua del santo che vi è custodita: si tratta dell’edificio sacro che si trova esattamente di fronte all’ingresso della questura, su via Medina.

Quella chiesa, edificata agli inizi del ‘500, ha resistito al terribile terremoto del 1784, in seguito al quale fu necessario risistemare la volta e rifare gli affreschi, non ha ceduto alle fortezze volanti, che nel 1943 la danneggiarono ma non riuscirono a cancellarne la bellezza: oggi invece si sta arrendendo alla strafottenza del Comune di Napoli che ne è proprietario ma, dal 2018, non riesce a trovare finanziamenti per sistemare il tetto sfondato e salvare gli affreschi. 

La chiesa è chiusa dal 2018, quando le infiltrazioni cominciarono a generare piccoli cedimenti di intonaci e si decise che era troppo pericoloso far entrare fedeli e turisti lì dentro. Dal giorno della chiusura non è stato fatto nulla per tutelarla, nonostante i continui appelli da parte del rettore, don Simone Osanna.

La chiesa, dicevamo, appartiene al Comune; ed è a palazzo San Giacomo che don Simone si rivolge, ciclicamente, da quattro anni, chiedendo un intervento per la messa in sicurezza della struttura e delle opere d’arte che contiene: «La risposta che mi è sempre arrivata fino ad ora è “non ci sono soldi, non sappiamo come fare”. Adesso, con la nuova amministrazione locale, spero di ottenere maggiore ascolto», spiega il parroco di Santa Maria Incoronatella nella Pietà dei Turchini, il quale ha la rettorìa di San Giuseppe Maggiore che rientra nel territorio parrocchiale.

Di recente Carlo Migliaccio, consigliere comunale e presidente della Commissione Ambiente, ha cercato di offrire il suo contributo alla causa: sta tentando di mettere assieme un pool di sponsor privati che si accollerebbero l’onere della ristrutturazione. «Si tratta di una strada lunga e difficile - spiega Migliaccio - ma sento il dovere di provarci perché si tratta di un gioiello nel cuore di Napoli e non possiamo rischiare che il degrado avanzi fino a diventare irreversibile».

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Entrare nella chiesa abbandonata è un colpo al cuore.

Ovunque ci sono segni di cedimento, gli intonaci si stanno sgretolando al di sopra delle tre navate, si staccano e vanno a schiantarsi sull’antico pavimento. I piccioni sono diventati i padroni della chiesa, hanno nidificato in alto e, negli anni, hanno ricoperto di guano ogni cosa rendendo ripugnanti gli altari, offendendo le acquasantiere, devastando le tele al di sopra degli altari. 

La situazione di maggior allarme, ovviamente, si presenta alle spalle dell’altare maggiore dove c’è l’antico coro ligneo, esattamente al di sotto del buco che si è creato nel tetto: quello è il luogo nel quale l’acqua colpisce direttamente, quello è l’angolo nel quale Angelo Mozzillo realizzò, alla fine del ‘700 uno degli gli affreschi che sostituirono quelli di Vaccaro, Stanzione e Battistello Caracciolo, danneggiati dal terremoto. Oggi quegli affreschi (lo vedete dalla foto) sono largamente cancellati dalla costante esposizione all’umidità: sono il simbolo di una città incapace di custodire i suoi beni artistici preziosi. 

Non alza mai la voce don Simone Osanna, nemmeno quando dice «questa situazione è una vergogna. Una vergogna per l’amministrazione e per l’intera città. Come si può parlare di rilancio garantito dal turismo e poi lasciare che un gioiello come questo vada in rovina senza muovere un dito?».

Allo sfogo, il sacerdote fa seguire un appello, si rivolge direttamente al Comune visto che l’amministrazione è cambiata e gli interlocutori potrebbero avere maggiore attenzione verso San Giuseppe Maggiore: «Qualcuno venga a vedere la situazione, si renda conto di persona della meraviglia della chiesa e del degrado che l’avvolge, vada a osservare l’imbarazzo del buco sul tetto, si occupi di questo luogo che non può più restare abbandonato».

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