Alessandro Gallo è il presidente del Comitato civico Centro direzionale (attivo dal 2017, che conta a oggi circa 500 iscritti, tra residenti e commercianti). Gallo non nasconde i timori per la crisi in cui è calata la city partenopea dopo il Covid, ma proprio per questo, argomenta, «è fondamentale che la Regione, anziché spostare la sede della Giunta da Palazzo Santa Lucia in una nuova torre a Gianturco, acquisti nuovi spazi qui, per rilanciare il Centro direzionale».
Come procedono le cose nella city?
«Lavoro in un'azienda informatica che ha sede al Centro direzionale dal 2005, una delle prime società che hanno investito qui.
Cioè?
«Anziché costruire la nuova torre a Gianturco, perché De Luca, che tanto ha sempre fatto per evitare sprechi, come nel caso delle Universiadi, non compra dei palazzi al Centro direzionale e rifunzionalizza quelle strutture che esistono già? Il problema oggi non è creare nuovi spazi, ma curare e valorizzare l'esistente. L'utilità di questo palazzo a Gianturco, onestamente, proprio non la comprendo».
I commercianti lamentano gravi perdite di indotto. E i locali sfitti aumentano. A cosa si deve questo trend negativo?
«È stata la pandemia. Le società informatiche e finanziarie erano tante, ma hanno trovato un grosso risparmio grazie allo smart working. Tuttavia il lavoro in presenza ha ancora qualche vantaggio: la vicinanza fisica, spesso, migliora il business e le relazioni. Nel pre-Covid il Centro direzionale vantava 60mila passaggi di persone al giorno, contando i soli lavoratori e visitatori occasionali legati agli uffici e al tribunale. A questo numero vanno poi aggiunti i residenti, che sono circa 3mila. Le torri abitative sono 8, ciascuna delle quali ha due scale. Altro tema decisivo per il mancato rilancio post-Covid sta nel fatto che di sera il Centro direzionale si spegne: le attività hanno bisogno di lavorare almeno dieci ore. È un peccato: non esiste un'area pedonale così grande a Napoli. Abbandonarla al suo destino sarebbe imperdonabile. C'è tanta bellezza».
Che soluzioni propone?
«Bisogna ragionare in modo diverso. Penso per esempio a cambi di destinazione d'uso degli spazi per abitazioni di studenti o giovani famiglie. La creazione di eventi non ci trova contrari: il Centro direzionale ha già ospitato happening importanti in passato».
Avete in programma azioni concrete per scongiurare la realizzazione della torre a Gianturco?
«Abbiamo già raccolto le firme, al riguardo. La petizione è stata organizzata tra residenti e uffici. Siamo già a 300 sottoscrizioni in pochi giorni, e nonostante le ferie estive. Alcuni schieramenti politici si sono proposti per portare la questione all'attenzione del presidente De Luca. Siamo pronti a protestare anche sotto il palazzo della Regione, nel caso in cui il nostro appello non venga accolto».
Altre proposte per sostenere il rilancio della city?
«Abbiamo presentato due esposti in Procura contro il danno che le aree verdi del Centro direzionale hanno subìto nel corso degli ultimi anni. Avevamo una flora vastissima, ora c'è un mare d'erbacce. Si è aperto un confronto acceso con la Napoli Servizi, che è l'azienda deputata alla cura del verde. La loro manutenzione è del tutto insufficiente. Abbiamo proposto la realizzazione di un impianto di irrigazione automatica, almeno durante i mesi estivi. Va creata poi l'isola dei bambini. E poi il Centro direzionale dovrebbe diventare una Zona Franca Urbana di Napoli. Questo inserimento potrebbe fungere da attrattore per gli investitori che vogliano puntare sulla city».