Ospedale degli Incurabili di Napoli tra passato e futuro: «Così rilanciamo il museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina»

«Qua c’è tutta la storia del Settecento e dell’Ottocento della Napoli capitale del regno delle Due Sicilie»

La farmacia Fra Nicola, una delle due, con la farmacia Irolla, conservate nelle sale del museo
La farmacia Fra Nicola, una delle due, con la farmacia Irolla, conservate nelle sale del museo
di Vincenzo Cimmino
Lunedì 29 Maggio 2023, 11:58 - Ultimo agg. 30 Maggio, 07:33
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L’Ospedale Incurabili di Napoli torna ad occupare da protagonista l’agenda politica dell’attuale amministrazione. Fondato agli inizi del XVI secolo da Maria Lorenza Longo, l’ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili è chiuso dal 2019 per una serie di crolli che hanno portato al suo sgombero immediato. Negli ultimi giorni, dopo quattro anni di chiusura, il consiglio comunale ha dato il suo via libera: i lavori di ristrutturazione possono iniziare. Non sarà certamente un’opera semplice, saranno lavori complessi e di lunga durata: una previsione ottimistica vuole la riapertura del nosocomio nel 2028. Tra 5 anni.

L’Asl Napoli 1 Centro, proprietaria degli immobili che compongono il complesso, ha presentato un progetto che prevede un finanziamento di 104 milioni di euro. Questi fondi, per lo più provenienti dalla regione Campania, saranno utilizzati per compiere un rinnovamento radicale degli spazi. Si avranno infatti due realtà distinte ma intimamente connesse: da una parte un polo composto da molteplici ambulatori e dall’altra una nuova zona museale forte di circa novemila metri quadri, con annessi locali per il ristoro.

Ma in realtà l’Ospedale già ospita un museo, il Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina, diretto dal professore Gennaro Rispoli, già primario di chirurgia e attualmente Presidente dell’Osservatorio permanente per il Centro Storico di Napoli - sito Unesco, organismo che ha il ruolo di coadiuvare l’amministrazione comunale nelle scelte per valorizzare e conservare il centro storico di Napoli. 

«Oggi nell’agenda 2030 cosa chiede il popolo dei mondi umanitari? La lotta contro le malattie, contro la guerra, contro il pauperismo. Allora mi chiedo – così inizia, appassionato, il professore Rispoli, anima del museo – perché non riusciamo a comprendere che questi non sono musei? Sono carne viva con l’uomo al centro. C’è un sapore molto più romantico e vicino a noi. Si capisce la fragilità dell’uomo ma anche la grandezza dello slancio all’assistenza. Nelle sale superiori abbiamo un grande spazio dedicato a un primario, a San Giuseppe Moscati. Il suo esempio serve a capire come dietro la santità ci sia un impegno civico non comune per la scienza e la carità. Un binomio che ha mosso anche Cirillo, eroi che per me vanno onorati soprattutto per capirne lo spirito. Persone che hanno lasciato patrimoni di etica enormi e grazie alle quali è possibile anche vedere quel filo rosso che collega, ad esempio, Cirillo al Filangieri e al suo diritto alla felicità, che ritroviamo anche nella costituzione americana proprio grazie al Filangieri, corrispondente di Benjamin Franklin.

Cirillo parla di tenerezza sociale: l’uomo deve aiutare l’altro, come dice anche papa Francesco. Sono tematiche universali».

Il professore Rispoli si è speso sin da subito affinché l’ospedale Incurabili riaprisse quanto prima, per tornare a dare ai napoletani un ospedale dalla grande tradizione medica e forte di una storia lunga più di 500 anni.

«Questa invece – continua il professore Rispoli, indicando un modello in scala della farmacia storica degli Incurabili – è la nostra farmacia che al momento è interdetta. Qua c’è tutta la storia del Settecento e dell’Ottocento della Napoli capitale del regno delle Due Sicilie, ma non solo: anche dei suoi primati in area medica, dall’anestesia ai vaccini. Fondamentali anche gli studi che mettevano in relazione, ne abbiamo un meraviglioso esempio in un libro del 1838, ambiente e salute. Sono studi d’avanguardia. E proprio in questi luoghi si metteva in relazione a diverse malattie anche la povertà: non è possibile non ricordare i lavori di Cotugno e Michele Saccone. Oggi sembra facile vedere nella povertà la causa di diverse malattie, ma per l’epoca era una grande innovazione, soprattutto se si pensa alla grande opera anche di vaccinazione portata avanti nel regno, un gigantesco impegno. Noi siamo qua anche per difendere questo Ospedale come punto di incontro delle più grandi menti che fino ai secoli scorsi venivano da ogni parte del regno prima e di Italia dopo».

 

Il museo, ospitato in alcuni dei locali dichiarati agibili del complesso, conserva al suo interno oggetti dal valore inestimabile, vere e proprie gemme della scienza medica. Ma i suoi tesori iniziano dall’esterno, da un antico pozzo oggi chiuso. Salendo le scale che dal chiostro dell’ospedale portano al museo, è presente infatti il pozzo storico, il “pozzo dei pazzi”: anticamente, per fiaccare i malati, si faceva fare loro un lavoro nonsense, tirare l’acqua in un circolo molto lungo, utile solo a farli tranquillizzare per via della stanchezza. O, secondo altre tradizioni, a immergere i pazienti psichiatrici stessi nelle acque gelide per cercare di calmarli. Pratiche di altri secoli.

«La Fra Nicola c’è stata donata – spiega il professore Rispoli riferendosi ad una delle due farmacie conservate nelle sale, l'altra è la farmacia Irolla, oltre a quella propria dell’Ospedale attualmente interdetta – e noi con l’autorizzazione della soprintendenza l’abbiamo spostata. Era la farmacia dei carmelitani e si trovava nell’area di santa Teresa degli Scalzi. Fra Nicola era un frate che si è distinto per mettere a punto alcuni elisir e pozioni e porta il suo nome. È stata costruita non come bellezza assoluta, ma come macchina da guerra del farmaco. Qui si produceva di tutto, dal ghiaccio agli occhi finti. Una farmacia a 360° gradi. Noi la abbiamo in mostra per spiegare il passaggio dal farmaco alchemico al farmaco più scientifico. È fondamentale il rimando all’alchimia».

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Certo, tra tutte le sale e gli spazi il richiamo all’alchimia è forte, ma la parte più importante del museo è quella che ruota intorno a san Giuseppe Moscati, uno dei tanti “santi degli Incurabili”. Morto a 47 anni, nel 1927, dopo aver speso tutta la propria vita per la medicina e per il prossimo, il santo è figura molto amata dai napoletani.

«Noi qui abbiamo la memoria della scientificità del santo Giuseppe Moscati, – aggiunge commosso il professore Rispoli – don Peppino. Abbiamo moltissimi suoi oggetti, tante “reliquie”. Abbiamo, vicino al laboratorio del professore Miraglia, la scrivania, il tavolo autoptico e l’inginocchiatoio di Moscati. Molte sono anche le foto dell’epoca. Abbiamo raccolto oltre 5000 ricette sue. Lui era poi anche appassionato di storia della medicina, e aveva anche una modernità di pensiero spiazzante: ad esempio la sua posizione contro le leggi razziali. Pur essendo un conservatore, un cattolico, combatte, scrive a favore di una giustizia sociale. È divertente notare poi come tutte le sue caposala fossero le suore francesi, l’ospedale infatti è intimamente connesso al complesso di Regina Coeli».

L’ospedale, con il suo museo, è infatti legato a doppio filo con il complesso limitrofo, quello monumentale di Regina Coeli, che ospita da secoli l’ordine delle Suore della carità di Santa Giovanna Antida Thouret, che per lungo tempo hanno gestito l’ospedale rifornendolo di caposala e infermiere. 

 

Al professore Rispoli e ai suoi collaboratori e volontari, però, tutto questo che fanno, quanto portano avanti, non basta. «Noi vorremmo anche fare di più: c’è l’idea di rendere l’ex Ospedale della Pace un museo della salute. La consapevolezza della scienza aiuta la conoscenza – conclude il professore Rispoli – e rende meno disposti ad accettare controinformazioni e fake news. Dobbiamo avere fiducia nel progresso della medicina: la scienza la vedi qua, anche nella storia di coraggiosi che hanno lottato per il bene comune».

Per aiutare e “curare” Napoli, quindi, è necessario ripartire dai suoi luoghi più significativi, quelli carichi di storia, tradizioni, cultura. Non resta allora che aspettare il 2028 per vedere un nuovo Ospedale degli Incurabili, senza però dimenticare che già ci sono persone che combattono, quotidianamente, per tenere viva la fiamma di luoghi che, altrimenti, sarebbero dimenticati. Proprio come il Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina, che attraverso i suoi volontari cerca di tenere aperto un luogo che altrimenti rimarrebbe vuoto, con storie inascoltate e dunque dimenticate.

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