Palazzo Penne, ecco la svolta: via al restyling dopo venti anni

Palazzo Penne, ecco la svolta: via al restyling dopo venti anni
di Maria Pirro
Sabato 10 Aprile 2021, 09:00 - Ultimo agg. 18:40
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Quante volte ne è stato annunciato il restauro, e una nuova destinazione d'uso. Da almeno tre decenni Palazzo Penne resta, invece, un monumento antico e perduto, nell'odissea dell'abbandono. Circondato dal degrado, già set di Pier Paolo Pasolini, è abitato da una sola irriducibile inquilina, nata lì nel 1942 e pronta a bloccare i ripetuti assalti di vandali e abusivi. Il tutto, in attesa del restyling, che adesso sembra definitivamente deciso. Il progetto è pronto: il complesso, unico esempio di edilizia civile del periodo angioino-durazzesco e straordinaria testimonianza del Risorgimento a Napoli, diventa la Casa dell'architettura e del design. E i rendering, con le schede tecniche che spiegano nel dettaglio gli interventi programmati, vengono mostrati al «Mattino». Per la prima volta.

Il giardino, uno dei pochi spazi verdi nel centro storico, è restituito al quartiere: reso accessibile da una passerella in acciaio. Al centro è collocato un piccolo bar. «Ma il progetto di recupero investe l'intera strada», è precisato nel dossier. Varcato l'ingresso quattrocentesco, poi si passa sotto la volta catalana. E, da lì, si entra nel primo cortile ed è sistemata una rampa che conduce a un book-shop collegato con gli ambienti destinati all'allestimento di piccole mostre permanenti.

In altri spazi sono previste le esposizioni temporanee, la sede di una Fondazione su Palazzo Penne e gli stessi locali possono ospitare associazioni del settore e laboratori di urbanistica e pianificazione partecipata. Non solo. Dalle immagini al computer, si vedono cinque archi oggi murati: quattro vanno riaperti. E la facciata principale conserva il palinsesto. Più complicato appare il restyling del terzo piano: «È attualmente più compromesso». Il motivo? «Trasformazioni recenti hanno già portato alla sostituzione del solaio di copertura e all'abbattimento di parte delle murature interne». È prevista, dunque, una sala conferenze di 98 posti, più un'altra di circa 30 posti. Gli ambienti settecenteschi, costruiti al di sopra della volta catalana, sono forse quelli conservati nel migliore dei modi. S'immagina di utilizzarli come spazi di rappresentanza introdotti da due zone filtro; mentre altre stanze sono riservate agli Annali dell'architettura e a una rete degli archivi e quelle dell'edificio a torre dovrebbero essere riportate alle originarie caratteristiche, eliminando i tramezzi. D'intesa con la Federico II, si punta, inoltre, a ripristinare l'ingresso diretto nella chiesa dei Santi Demetrio e Bonifacio attraverso la sagrestia, ristabilendo una connessione tra i due edifici dalla storia intrecciata con quella della città. Una storia antica. 

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La costruzione è attribuita ad Antonio Baboccio da Piperno e risale al 1380. Ma l'iscrizione sul portale di ingresso indica l'anno di fine dei lavori, il 1406. Il Palazzo prende il nome dal suo primo proprietario, Antonio da Penne, segretario e consigliere particolare di re Ladislao d'Angiò Durazzo. Solo nel 1685, il complesso viene acquisito dai padri Somaschi e adeguato alle esigenze dell'ordine religioso: lavori radicali portano anche all'edificazione del noviziato. E così si arriva al 1709, quando Giovan Battista Nauclerio ha l'incarico di demolire le strutture all'angolo nord-orientale per fare spazio alla nuova chiesa dei Santi Demetrio e Bonifacio. Nel 1806, subentra l'abate e vulcanologo Teodoro Monticelli, che si trasferisce nel palazzo fino alla morte, avvenuta 1845. Il resto è storia recente. Segnata dagli appelli contro l'incuria promossi da Alda Croce e Marta Herling e da Pino de Stasio, firmati tra gli altri dall'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dall'ex sovrintendente Mario de Cunzo, dal maestro Roberto de Simone. Dal 2002 il Palazzo è di proprietà della Regione, che ha stanziato tre milioni a integrazione dei dieci previsti dal Contratto istituzionale di sviluppo sottoscritto con ministero della Cultura e Comune di Napoli. Proprio in questi giorni il progetto ha avuto il via libera nella commissione consiliare in vista dell'approvazione da parte dell'assemblea di via Verdi. «L'obiettivo è riuscire a chiudere le procedure per l'affidamento dell'appalto entro la fine anno in modo che possano iniziare i lavori nel 2022», spiega Bruno Discepolo, l'assessore all'urbanistica a Palazzo Santa Lucia. Ma il progetto, condiviso dai tre enti, è al centro delle polemiche nel quartiere. 

 

«Altro che democrazia partecipata», accusa Pino De Stasio, consigliere del parlamentino civico, da sempre in prima linea per la tutela del patrimonio Unesco e promotore di un ordine del giorno su Palazzo Penne approvato all'unanimità. «Da destra e da sinistra», sottolinea. Perché «l'organo politico più prossimo ai cittadini e al territorio è stato completamente escluso da ogni processo decisionale», scrive il presidente della II Municipalità, Francesco Chirico, chiedendo informazioni e coinvolgimento nelle scelte. Un documento, firmato da Italia Nostra, rete Set, comitato Portosalvo, Santa Fede Liberata e comitato Centro storico, fa notare anche la situazione particolare di Jolanda Somma: l'ultima abitante dello stabile, a 79 anni non può certo andare lontano o in mezzo a una strada. «Sono custode e prigioniera di Palazzo Penne. Oggi vorrei andarmene da così tanto degrado, ma i fitti sono alti: con la pensione sociale, non posso permettermelo. Spero che la Regione mi riconosca un alloggio, anche per riconoscenza dopo tante battaglie e promesse disattese». Discepolo assicura: «Naturalmente, va trovata una soluzione per la signora. E c'è disponibilità al dialogo e a chiarire che la casa dell'architettura deve essere anche luogo di ascolto e incontro con i cittadini e il territorio». 

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