Almaviva, ira del ministro Calenda:
nuove norme sui call center

Almaviva, ira del ministro Calenda: nuove norme sui call center
Mercoledì 26 Ottobre 2016, 08:26 - Ultimo agg. 13:24
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«Alcuni grandi gruppi hanno deciso di spostare i call center in Paesi Ue o extra Ue, io ho chiamato e ho scritto a tutti: stiamo facendo un indurimento della legge ma nel frattempo pubblicherò i nomi perché questo non è mercato ma qualcosa che sta distruggendo il mercato, i comportamenti predatori contribuiscono a coltivare un clima anti imprese». Usa toni duri il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda, a Porta a Porta. E irrompe con una iniziativa forte nella vertenza Almaviva. Dovrebbero finalmente arrivare le nuove norme sui call-center invocate anche dai sindacati. I tempi non sono certi. Il ministro comunque annuncia un inasprimento. E intanto agisce. Ci sarà la «pubblicazione dei nomi» delle imprese che non rispettano gli impegni sulle delocalizzazioni. Dunque, tolleranza zero.

Una dichiarazione che arriva due giorni prima della riunione del tavolo al ministero. Domani ci sarà un confronto decisivo tra azienda, governo e sindacati sui 2.511 linziamenti avviati per le sedi di Roma e Napoli di Almaviva. Proprio in previsione di una trattativa che si preannuncia molto lunga il negoziato organizzato al ministero dello Sviluppo economico (il primo, quello del 12 ottobre, era terminato con un nulla di fatto) è stato infatti anticipato alle 10,30 dal viceministro allo Sviluppo Teresa Bellanova. Ieri, intanto, i gruppi politici consiliari di maggioranza e opposizione di Palazzo San Giacomo hanno presentato un ordine del giorno per ribadire il «No alla chiusura di Almaviva Napoli e agli 845 licenziamenti» e per preannunciare una «lettera congiunta da sottoscrivere insieme ai sindaci di Palermo e di Roma con la quale si invita il premier Renzi a chiedere il ritiro dei licenziamenti o, in caso di rifiuto da parte dell'azienda, di avviare un'azione di rivalsa verso la stessa Almaviva allo scopo di recuperare tutte le agevolazioni e i contributi regionali e statali nel frattempo usufruiti dal gruppo imprenditoriale romano».


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