Gestione «opaca» dei beni confiscati a Torre Annunziata: con un blitz della Guardia di finanza negli uffici comunali oplontini sono stati acquisiti atti all'Ufficio Patrimonio. Verifiche anche sull'affidamento di Villa Cesarano ad una cooperativa. Potrebbero esserci state anomalie nella gestione dei tanti beni confiscati presenti sul territorio di Torre Annunziata. Una quarantina in totale, solo undici «recensiti» sul portale del Comune, altri addirittura mai sottratti alle famiglie di camorra che continuano a vivere in case che i giudici gli hanno tolto, con appena cinque procedure completate. Una gestione quantomeno «distratta» che era emersa già durante gli ultimi Comitati di ordine pubblico portati in città dalla Prefettura e incentrati proprio sull'emergenza criminalità. Aspro era stato lo scontro tra l'ex vicesindaco Lorenzo Diana e la polizia municipale, che non avrebbe mai ottemperato alla richiesta di un censimento dei beni confiscati avanzata dall'assessore con delega specifica, e che dopo un lungo braccio di ferro decise di dimettersi. Possibili rallentamenti, anomalie o irregolarità potrebbero aver segnato gli iter (spesso mai iniziati) di assegnazione dei tanti beni confiscati ai clan di camorra presenti in città. Per questo, la Procura di Torre Annunziata guidata dal procuratore Nunzio Fragliasso ha deciso di aprire un'inchiesta, al momento contro ignoti e che non ipotizza reati.
I finanzieri del Gruppo oplontino, agli ordini del colonnello Gennaro Pino, hanno acquisito un'enorme mole di atti presso l'Ufficio Patrimonio di via Schito.
L'ultima procedura per affidare un bene confiscato è stata completata l'anno scorso, quando la cooperativa Metanova ha ottenuto l'ok per la realizzazione di un complesso progetto di restyling e riutilizzo della villa di traversa Andolfi che ospitò il latitante Ferdinando Cesarano, capo del clan di Castellammare, che era evaso dall'aula bunker di Salerno. Un progetto importante, che però riguarda un bene sottratto a un clan di camorra che a Torre Annunziata non ha alcun «potere». Per tutti gli altri beni, spesso non è mai iniziato nessun iter di recupero né di riutilizzo. Alcuni tra quelli non censiti non sono mai stati sottratti ai camorristi condannati in via definitiva, con i familiari che continuano a vivere all'interno di quelle case. Il tutto in una città, come Torre Annunziata, che ha bisogno come il pane di togliere terreno ai clan per riaffermare la legalità, concetto che in alcuni quartieri è scomparso da oltre quarant'anni. Per questo gli inquirenti adesso vogliono capire fino a che punto si è trattato di «malagestione» e dove iniziano possibili complicità da parte degli uffici comunali, gettando un'ombra l'ennesima sul Comune di Torre Annunziata, già travolto dallo scandalo delle mazzette che vede come protagonista l'ex dirigente dell'Ufficio Tecnico, l'ingegnere Nunzio Ariano, e sullo sfondo lo scambio continuo di telefonate e direttive con l'allora vicesindaco Luigi Ammendola.