Camorra, scacco al clan Orlando: i nuovi ras incastrati da pentiti e microspie

Camorra, scacco al clan Orlando: i nuovi ras incastrati da pentiti e microspie
di Ferdinando Bocchetti
Giovedì 6 Febbraio 2020, 08:00
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Un'indagine durata oltre due anni, che ha portato all'arresto di 24 persone e al sequestro di oltre quaranta chili di stupefacenti. È il colpo inferto ieri dai carabinieri della compagnia di Marano, guidati dal maggiore Gabriele Lo Conte e coordinati dai magistrati della Dda di Napoli, a un'organizzazione dedita al traffico di cocaina, hashish e marijuana. Un gruppo che avrebbe agito - secondo le accuse contenute nell'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Isabella Iaselli - per agevolare la cosca criminale degli Orlando, da tempo egemone sul territorio. Tra i destinatari dell'ordinanza figurano affiliati al clan, tra cui Pasquale Baiano (già detenuto per altri reati), Vittorio Felaco e Gennaro Varriale, ma anche soggetti non organici agli Orlando, che avevano il compito di curare e seguire le fasi del reperimento e cessione degli stupefacenti. Fiumi di droga che venivano immessi non solo sul mercato di Marano, Calvizzano e Quarto, ma anche nel basso Lazio e in Sardegna.

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L'operazione dei militari dell'Arma di Marano, denominata «Piazza Pulita», si è sviluppata in un arco temporale molto lungo e attraverso una serie impressionante di intercettazioni ambientali e telefoniche. Indagine corroborata dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Sono i «nuovi» pentiti della camorra maranese e quartese: Teodoro Giannuzzi, Giacomo Di Pierno e Andrea Lollo, che hanno già svelato diverse trame agli inquirenti, anche in relazione alla genesi del clan Orlando, gruppo malavitoso di Marano che tra il 2015 e il 2016 era riuscito a inglobare tra le proprie fila anche gli ultimi esponenti dei Polverino. Pasquale Baiano, alias Pacci pacci, già condannato per estorsione aggravata dal metodo mafioso, era il referente per gli Orlando a Calvizzano ed era chiamato ad approvvigionare e gestire le piazze di spaccio del territorio. Gennaro Varriale fungeva anche da addetto al pagamento delle mesate ai detenuti e alle loro famiglie. Ruolo di primo piano, in qualità di promotore dell'associazione e supervisore delle piazze di spaccio, anche per Vittorio Felaco.

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Ciascuno dei 24 arrestati, a vario titolo, avrebbe avuto un ruolo nell'organizzazione che, secondo i pm Di Mauro e Tittaferrante, sarebbe riuscita a importare droga dalla Spagna, dall'Olanda e dalla Colombia e distribuirla sul territorio nazionale attraverso varie paranze. Non solo hashish ma anche cocaina, il cui spaccio era stato per anni vietato dai vecchi padrini della città. A dare il via libera al traffico di coca sarebbe stato - secondo quanto dichiarato dal pentito Giacomo Di Pierno - Armando Lubrano, esponente di punta degli Orlando detenuto da qualche anno e condannato in appello a 10 anni di reclusione. «Per un lungo periodo - riferisce Di Pierno agli inquirenti - non era stato possibile vendere cocaina nel territorio di Quarto. La decisione fu comunicata a casa di Antonio Agrillo (altro affiliato al clan, ndr) da Armando Lubrano nel marzo del 2017. Bisognava fare maggiori profitti visto che gli Orlando avevano scalzato i Polverino e dovevano pertanto assumersi l'onere di mantenere i detenuti dell'associazione». A ricordare il via libera dato da Lubrano è anche il collaboratore Giannuzzi: «Armando diede il permesso nel corso di una riunione che si tenne fuori al Truglio (zona di Marano controllata da un piccolo gruppo di affiliati al clan Polverino ndr). Ci disse che potevamo vendere la cocaina a Marano e a Quarto». Di business legati al traffico di cocaina riferisce anche il pentito Andrea Lollo. «Antonio Nuvoletto non pagò una partita di coca per un valore di 200 mila euro. Quei soldi spettavano a Bruno Carbone (trafficante sposato in seconde nozze con una donna di nazionalità colombiana e in affari con i narcos del Cartello di Cali, ndr). Nuvoletto inviò il cugino in Olanda, dove si era stabilito Carbone, per spiegargli cosa era accaduto, ovvero che un esponente del clan Licciardi non aveva ottemperato al pagamento del carico di droga ricevuto. Carbone sequestrò il cugino e pretese il pagamento immediato. Nuvoletto gli offrì un carico di hashish del valore di 120-140 mila euro».
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